Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/324

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 [56]
E fattoſegli appretto domandollo
     Perche cagione, e doue il meniti preſo:
     Leuo il dolente caualliero il collo
     E meglio hauendo il Paladino inteſo,
     Riſpoſe ilvero, e coſi ben narrollo
     Che merito dal Conte eſſer difeſo:
     Bene hauea il conte alle parole ſcorto
     Ch’ era innocente, e che moriua a torto.

 [57]
E poi che’ntefe che commetto queſto
     Era dal conte Anſelmo d’ Altariua
     Fu certo ch’era torto manifeſto
     Ch’altro da quel fellon mai non deriua,
     Et oltre accio, l’uno era all’altro infeſto
     Per l’antiquiffimo odio che bolliua
     Tra il ſangue di Magaza e di Chiarmote
     E tra lor era morti e dani & onte.

 [58]
Slegate il cauallier (grido) canaglia,
     (Il Còte a maſnadieri) o ch’io v’uccido
     Chi e coſtui che ſi gran colpi taglia?
     Riſpoſe vn che parer volle il piú ſido,
     Se di cera noi ſuſſimo, o di paglia,
     E di fuoco egli, assai ſora quel grido:
     E venne contra il Paladin di Francia
     Orlando contra lui chino la lancia.

 [59]
La lucente armatura il Maganzeſe
     Che leuata la notte hauea a Zerbino
     E poſtafela in dotto, non difeſe
     Contro l’aſpro incontrar del Paladino,
     Sopra la deſtra guancia il ferro preſe
     L’elmo non patto giá, per ch’era ſino
     Ma tanto ſu de la pernotta il crollo
     Che la vita gli tolſe e roppe il collo.

 [60]
Tutto in vn corſo ſenza tor di reſta
     La lancia, patto vn’ altro in mezo’l petto
     Quiui laſciolla, e la mano hebbe preſta
     A Durindana, e nel drappel piú ſtretto
     A chi fece due parti de la teſta
     A chi leuo dal buſto il capo netto,
     Foro la gola a molti, e in vn momento,
     N’uccife, e mette in rotta piú di cento.

 [61]
Piú del terzo n’ ha morto, e’l reſto caccia
     E taglia, e fende, e ſiere, e ſora, e tronca,
     Chi lo ſcudo, e chi l’elmo ch lo’mpaccia
     E chi laſcia lo ſpiedo, e chi la ronca
     Chi al lúgo chi al trauerſo il camin ſpaccia
     Altri ſappiatta in boſco, altri in ſpeloca,
     Orlando di pietá queſto di priuo
     A ſuo poter non vuol laſciarne vn viuo.

 [62]
Di cento venti (che Turpin ſottraſſe
     Il conto) ottanta ne perirò al meno,
     Orlando ſinalmente ſi ritratte
     Doue a Zerbin tremaua il cor nel ſeno,
     S’al ritornar d’Orlando s’ allegraſſe
     Non ſi potria contare in verſi a pieno,
     Se gli faria per honorar proſtrato
     Ma ſi trouo fopra il ronzin legato.

 [63]
Mentre ch’Orlando, poi che lo diſciolſe
     l’aiutaua a ripor l’arme ſue intorno,
     Ch’ al capitan de la ſbirraglia tolſe
     Che per ſuo mal ſé n’era fatto adorno,
     Zerbino gliocchi ad Iſſabella volſe
     Ch fopra il colle hauea fatto ſoggiorno,
     E poi che de la pugna vide il ſine
     Porto le ſue bellezze piú vicine.