Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/361

Da Wikisource.

CANTO XXVI



 [1]

C
Orteſi dóne hebbe l’antiqua etade

     Che le virtū no le richezze amaro
     Al tepo noſtro ſi ritrouan rade
     A cui piū del guadagno altro ſia caro,
     Ma quelle che per lor vera bontade
     Non ſeguó de le piū lo ſtile auaro
     Viuendo degne ſon, d’effer contente
     Glorioſe e imortal poi che ſian ſpente.

 [2]
Degna d’eterna laude e Bradamante
     Che non amo theſor, non amo impero
     Ma la virtū, ma l’animo predante,
     Ma l’alta gentilezza di Ruggiero,
     E merito che ben le Coffe amante
     Vn coſi valoroſo caualliero,
     E per piacere a lei faceſſe coſe
     Ne i ſecoli auenir miracoloſe.

 [3]
Ruggier, come di fopra vi ſu detto
     Co i duo di Chiaramente era venuto
     Dico con Aldigier con Ricciardetto
     Per dare a i duo ſratei prigioni aiuto:
     Vi diſſi anchor che di ſuperbo aſpetto
     Venire vn caualliero hauean veduto:
     Che portaua l’augel che ſi rinuoua
     E ſempre vnico al mondo ſi ritroua.

 [4]
Come di queſti il cauallier s’accorfe
     Che ſtauan per ferir quiui ſu l’ale,
     In proua diſegno di voler porſe
     S’alia ſembianza hauean virtude vguale,
     E di voi (diſſe loro) alcuno ſorſè
     Che prouar voglia chi di noi piū vale?
     A colpi o de la lancia o de la ſpada
     Fin che l’ini reſti in fella e l’altro cada?

 [5]
Farei (diſſe Aldigier) teco: o voleſſi,
     Menar la ſpada a cerco, o correr l’haſta,
     Ma vn’altra impreſa, che ſé qui tu ſteffi
     Veder potreſti, queſta i modo guaſta,
     Ch’a parlar teco, non che ci traheſſi
     A correr gioſtra, a pena tempo baſta,
     Seicéto huomini al varco, o piū attédiao
     Co iqua d’hoggi puarci obligo habbiao

 [6]
Per tor lor duo de noſtri, che prigioni
     Quid trarrā, pietade, e amor n’ha moſſo,
     E ſeguito narrando le cagioni
     Che li fece venir con l’arme indoſſo,
     Si giuſta e queſta eſcuſa che m’opponi
     (Diſſe il guerrier) che cótradir nò poſſo
     E ſo certo giudicio che voi ſiate
     Tre cauallier che pochi pari habbiate.

 [7]
Io chiedea ū colpo o dui co voi ſcótrarme
     Per veder ójto foſſe il valor voſtro:
     Ma quado all’altrui ſpeſe dimoſtrarme
     Lo vogliate, mi baſta, e piū non gioſtro,
     Vi priego ben che por con le voſtr’arme
     Queſt’elmo io poſſa e qſto ſcudo noſtro
     E ſpero dimoſtrar ſé con voi vegno
     Che di tal compagnia nò ſono indegno.