Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/485

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 [83]
Era come vn liquor ſrittile e molle
     Atto a eſhalar ſé non ſi tien be chiuſo:
     E ſi vedea raccolto in varie ampolle
     Qual piú, qual me capace, atte a qll’ufo,
     Quella e maggior di tutte, í che del ſolle
     Signor d’Anglate era il gra ſenno iſuſo:
     E ſu da l’altre conoſciuta, quando
     Hauea ſcritto di ſuor Senno d’Orlando.

 [84]
E coſi tutte l’altre hauean ſcritto ancho
     Il nome di color di chi ſu il ſenno,
     Del ſuo gran parte vide il Duca ſranco,
     Ma molto piú marauigliar lo fenno,
     Molti, ch’egli credea che drama manco
     Non doueſſero haueme, e quiui denno
     Chiara notitia, che ne tenean poco
     Che molta quantitá n’ era in quel loco.

 [85]
Altri in amar lo perde, altri in honori:
     Altri in cercar ſcorrèdo il mar richezze,
     Altri ne le ſperanze de Signori:
     Altri dietro alle magiche ſciocchezze,
     Altri in gemme, altri in opre di pittori:
     Et altri in altro che piú d’altroaprezze:
     Di Sophiſti e d’ Aſtrologhi, raccolto
     E di Poeti anchor, ve n’era molto.

 [86]
Aſtolfo tolſe il ſuo, che gliel conceſſe
     Lo ſcrittor de l’oſcura Apocalyſſe,
     L’ampolla in ch’era al naſo ſol ſi meſſe:
     E par che quello al luogo ſuo ne giſſe,
     E che Turpin da indi in qua confeffe,
     Ch’ Aſtolfo lungo tempo faggio viſſe,
     Ma ch’uno error che fece poi, ſu quello
     Ch’unaltra volta gli leuo il ceruello.

 [87]
La piú capace e piena ampolla ou’ era,
     Il ſenno che ſolea far ſauio il Conte,
     Aſtolfo tolle, e non e ſi leggiera
     Come ſtimo, con l’altre eſſendo a monte,
     Prima che’l Paladin da quella ſphera
     Piena di luce alle piú baſſe ſmonte,
     Menato ſu da l’Apoſtolo ſanto
     In vn palagio ou’era vn fiume a canto.

 [88]
Ch’ ogni ſu a ſtanza hauea piena di velli
     Di lin, di ſeta, di coton, di lana,
     Tinti in varii colori e brutti e belli,
     Nel primo chioſtro vna femina cana
     Fila a vn’aſpo trahea da tutti quelli,
     Come veggian l’eſtate la villana
     Traher da i Bachi le bagnate ſpoglie,
     Quando la nuoua ſeta ſi raccoglie.

 [89]
Ve chi ſinito vn vello, rimettendo
     Ne viene vn’ altro, e chi ne porta altróde
     Vn* alba de le ſilze uá ſcegliendo
     Il bel dal brutto che quella confonde,
     Che lauor ſi fa qui ch’io non l’intendo?
     (Dice a Giouani Aſtolfo) e quel ríſpOde
     Le vecchie ſon le parche, che con tali
     Stami, ſilano vite a voi mortali.

 [90]
Quanto dura vn de velli, tanto dura
     l’humana vita, e non di piuvn momento,
     Qui tien l’occhio e la Morte e la Natura
     Per ſaper l’bora ch’u debba eſſer ſpéto,
     Sceglier le belle ſila ha V altra cura
     Perche ſi teſſon poi per ornamento
     Del paradiſo, e de i piú brutti ſtami
     Si fan per li dannati aſpri legami.