Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/487

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 [6]
Del Re de ſiumi tra l’altiere corna
     Hor ſiede humil (diceagli) e piccol borgo
     Dinazi il Po di dietro gli ſoggiorna
     D’alta palude vn nebuloſo gorgo:
     Che volgendoli gli anni la piú adorna
     Di tutte le citta d’ Italia ſcorgo,
     No pur di mura, e d’ampli tetti regi
     Ma di bei ſtudi, e di coſtumi egregi.

 [7]
Tanta eſaltazione e coli preſta
     Non ſortuita o d’auentura caſca:
     Ma l’ha ordinata il ciel perche ſia queſta
     Degna ich l’huom di ch’io ti parlo, naſca
     Che doue il ſrutto ha da venir s’ ineſta
     E con ſtudio ſi fa creſcer la fraſca
     E l’artefice l’oro affinar ſuole
     In che legar gemma di pregio vuole,

 [8]
Ne ſi leggiadra ne ſi bella verte
     Vnqj hebbealtr’alma í ql terreſtre regno
     E raro e ſcefo e ſcendera da queſte
     Sphere ſuperne vn ſpirito ſi degno,
     Come per farne Hippolyto da Eſte
     N’haue l’eterna mente alto diſegno:
     Hippolyto da Eſte fará detto
     l’huomo a chi Dio ſi ricco dono ha eletto

 [9]
Quegli ornamenti che diuiſi in molti
     A molti baſterian per tutti ornarli,
     In ſuo ornamento haura tutti raccolti
     Coſtui di e’ hai voluto ch’io ti parli,
     I e vii nuli per lui, per lui ſoſſolti
     Saran gli ſtudi, e s’io vorrò narrarli
     Alti tuoi merti, al ſin ſon ſi lontano
     Ch’Orlando il ſenno aſpetterebbe ivano.

 [10]
Coſi venia l’imitator di Chriſto
     Ragionando col Duca, e poi che tutte
     Le ſtanze del gran luogo hebbono viſto
     Onde l’humane vite eran condutte,
     Su’l fiume vſciro che d’ arena mirto
     Con l’onde diſcorrea turbide e brutte:
     E vi trouar quel vecchio in ſu la riua
     Che con gl’impreffi nomi vi veniua.

 [11]
Non ſo ſé vi ſia a mente, io dico quello
     Ch’ai ſin de l’altro canto vi laſciai
     Vecchio di faccia, e ſi di membra ſnello
     Che d’ogni ceraio e piú veloce assai.
     De glialtrui nomi egli ſi empia il matello
     Scemaua il monte e non ſiniua mai
     Et in quel fiume che Lethe ſi noma
     Scarcaua anzi perdea la ricca ſoma.

 [12]
Dio che come arriua in ſu la ſponda
     Del fiume quel prodigo Vecchio, ſcuote
     Il lembo pieno, e ne la turbida onda
     Tutte laſcia cader l’impreſſe note,
     Vn numer ſenza ſin ſé ne profonda
     Ch’ un minimo vſo hauer no ſé ne puote,
     E di cento migliaia che l’arena
     Su’l fondo inuolue, vn ſé ne ſerua a pena.

 [13]
Lungo e d’ intorno quel fiume volando
     Giuano corui & auidi auoltori
     Mulacchie, e varii augelli che gridado
     Facean diſcordi ſtrepiti e romori,
     Et alla preda correan tutti: quando
     Sparger vedean gli ampliſſimi theſori
     E chi nel becco, e chi ne l’ugna torta
     Ne prende, ma lontan poco li porta.