Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/630

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 [82]
Poi che Phebo nel mar tutt’ e naſcofo
     Carlo, fatta partir quella battaglia,
     Giudica che la Donna per ſuo ſpofo
     Prenda Leon ne ricuſar lo vaglia,
     Ruggier ſenza pigliar quiui ripoſo:
     Senz’ elmo trarſi: o alleggierirſi maglia,
     Sopra u picciol ròzin torna í gran fretta.
     A i padiglioni oue Leon l’aſpetta,

 [83]
Gitto Leone al Cauallier le braccia
     Due volte e piú: ſraternamente al collo,
     E poi trattogli l’elmo da la faccia
     Di qua e di la con grade amor baciollo:
     Vo (diſſe) che di me ſempre tu faccia
     Come ti par, che mai trouar ſatollo
     Nò mi potrai: che me e lo ſtato mio
     Spender tu poſſa ad ogni tuo diſio.

 [84]
Ne veggo ricópenſa che mai queſta
     Obligation ch’io t’ho: poſſi diſciorre,
     E no s’anchora io mi leui di teſta
     La mia corona: e a te la venghi a porre,
     Ruggier di cui la mente ange e moleſta
     Alto dolore: e che la vita abhorre
     Poco riſponde: e l’infegne gli rende
     Ch n’hauea haute e’l ſuo Liocorno pnde

 [85]
E ſtanco dimoſtrandofi e ſuogliato
     Piú toſto che potè da lui leuoſſe,
     Et al ſuo alloggiamento ritornato
     Poi che ſu meza notte, tutto armoſſe,
     E ſellato il deſtrier ſenza commiato
     E ſenza che d’alcun ſentito foſſe
     Sopra vi falſe: e ſi drizzo al camino
     Che piú piacer gli parue al ſuo Frotino.

 [86]
FrOtino hor p via dritta: hor p via torta:
     Quando per ſelue: e quando p capagna:
     Il ſuo Signor tutta la notte porta
     Che no ceſſa vn momèto che no piagna:
     Chiama la morte, e in quella ſi conforta
     Che l’oſtinata doglia ſola ſragna,
     Ne vede: altro che morte: chi ſinire
     Poſſa l’infopportabil ſuo martire.

 [87]
Di chi mi debbo ohimè (dicea) dolere
     Ch coſi m’habbia a Q puto ogni bè tolto?
     Deh s’ io non vo l’ingiuria foſtenere
     Senza vendetta: incontra a cui mi volto ?
     Fuor che me ſteffo altri non ſo vedere
     Che m’habbia oſſeſo & in miſeria volto,
     Io m’ho duncg di me còtra a me ſteffo
     Da vendicar: e’ ho tutto il mal còmeſſo.

 [88]
Pur quando io haueflí fatto ſolaméte
     A me l’ingiuria: a me ſorſè potrei
     Donar pdon ſé ben difficilmente:
     Anzi vo dir che far nò lo vorrei,
     Hor quanto, poi che Bradamante ſente
     Meco l’ingiuria vgual, men lo farei?
     Quado bene a me anchora io perdonaffi
     Lei nò conuien ch’inuèdicata laſſi.

 [89]
Per vèdicar lei duncg debbo e voglio
     Ogni modo morir: ne ciò mi peſa
     Ch’ altra coſa nò ſo ch’al mio cordoglio
     Fuor che la morte far poſſa difeſa.
     Ma ſol ch’allhora io no mori mi doglio
     Che fatto achora io no le haueua oſſeſa,
     O me felice s’ io moriua allhora
     Ch’era prigion de la crudel Theodora.