Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/79

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 [7]
Voglio ch ſappi Signor mio, ch’eſſendo
     Tenera anchora, alli ſeruigi venni
     De la ſiglia del Re, con cui creſcendo
     Buon luogo in corte, & honorato tenni,
     Crudele Amore al mio ſtato inuidendo,
     Fé che ſeguace (ahi laſſa) gli diuenni
     Fé d’ogni cauallier, d’ogni donzello
     Parermi il Duca d’Albania piú bello.

 [8]
Perch egli moſtro amarmi piú ch molto
     Io ad amar lui con tutto il cor mi moſſi
     Ben s’ ode il ragionar, ſi vede il volto:
     Ma dentro il petto mal giudicar poſſi,
     Credendo, amando, no cenai, che tolto
     l’hebbi nel letto, e nò guardai ch’io ſoſſi
     Di tutte le real camere in quella
     Che piú ſecreta hauea Gineura bella.

 [9]
Doue tenea le ſue coſe piú care:
     E doue le piú volte ella dormia,
     Si può di quella in s’ un verrone entrare
     Clie ſuor del muro al diſcoperto vſcia,
     Io facea il mio amator quiui montare
     E la ſcala di corde, onde ſalia,
     10 ſteffa dal verron giú gli mandai
     Qual volta meco hauer lo deſiai.

 [10]
Che tante volte ve lo fei venire
     Quanto Gineura me ne diede l’agio
     Che ſolea mutar letto, hor per ſuggire
     11 tépo ardete, hor il brumai maluagio
     Non ſu veduto d’alcun mai ſaliro:
     Perho che quella parte del palagio
     Riſponde verſo alcune caſe rotte
     Doue neſſun mai paſſa o giorno o notte

 [11]
Continuo per molti giorni e meſi
     Tra noi ſecreto l’amorofo gioco,
     Sempre crebbe l’amore, e ſi m’acceſi
     Che tutta dentro io mi ſentia di ſoco,
     E cieca ne ſui ſi, ch’io non compreſi
     Ch’ egli ſingeua molto e amaua poco,
     Anchor che li fuo’ inganni diſcoperti
     Eſſer doueami a mille ſegni certi,

 [12]
Dopo alcun di: ſi moſtro nuouo amante
     De la bella Gineura, io non ſo appunto
     S’ allhora cominciaſſe, o pur inante
     De l’amor mio, n’haueſſe il cor giá púto
     Vedi s, in me venuto era arrogante:
     S’imperio nel mio cor s’haueua aſſunto,
     Che mi ſcoperſe, e non hebbe roffore
     Chiedermi aiuto in qsto nuouo amore.

 [13]
Ben mi dicea ch’uguale al mio non era
     Ne vero amor, ql ch’egli hauea a cortei
     Ma ſimulando eſſerne acceſo, ſpera
     Celebrarne i legitimi hymenei,
     Dal Re ottenerla ſia coſa leggiera,
     Qual’hor vi ſia la volontá di lei,
     Che di ſangue e di ſtato i tutto il regno
     No era dopo il Re di lu’ il piú degno.

 [14]
Mi perſuade ſé per opra mia
     Poteſſe al ſuo Signor genero farſi,
     ;Che veder poſſo che ſé n’alzeria
     A quáto pſſo al Re poſſa huo alzarli)
     Che me n’hauria bon merto, e non faria
     Mai tanto beneſicio per ſcordarſi:
     E ch’alia moglie e ch’ad ognaltro inate
     Mi porrebbe egli in ſemp eſſermi amate