Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/23

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SECONDA 17

Ma sia a un tempo lor agio di ritrarsi,
     E a noi di contemplar sotto il camino
     Pe i dotti libri i saggi detti sparsi.
Che mi muova a veder monte Aventino,
     So, che vorresti intendere, e dirolti:
     È per legar tra carta piombo, e lino;
Sì che ottener, che non mi sieno tolti
     Possa, pel viver mio, certi baiocchi,
     Che a Melan piglio, ancor che non sian molti;
E proveder, ch’io sia il primo, che mocchi
     Sant’Agata, se avvien ch’al vecchio Prete,
     Sopravvivendogli io, di morir tocchi.
Dunque io darò del capo ne la rete?
     Ch’io soglio dir, che ’l diavol tende a questi,
     Che del sangue di Cristo han tanta sete.
Non è già mio pensier, ch’ella mi resti,
     Ma che in mano a persona si riponga
     Saggia, e scíente, e di costumi onesti;
Che con periglio suo poi ne disponga:
     Io nè pianeta mai, nè tonicella,
     Nè chierca vo’, che in capo mi si ponga.
Come nè stole, non credo anco anella
     Mi leghin mai, che in mio poter non tenga
     Di elegger sempre o questa cosa, o quella.
Indarno è, s’io son prete, che mi venga
     Disir di moglie, e quando moglie io tolga,
     Convien, che d’esser prete il desir spenga.