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TERZA 35

Convenevole è ancor, che s’abbia cura
     De l’onor suo; ma tal, che non divenga
     Ambizíone, e passi ogni misura.
Il vero onore è, ch’uom da ben ti tenga
     Ciascuno, e che tu sia: che non essendo,
     Forza è, che la bugia tosto si spenga.
Che Cavaliero, o Conte, o Reverendo
     Il popolo ti chiami, io non t’onoro,
     Se meglio in te, che ’l titol, non comprendo,
Che gloria t’è vestir di seta e d’oro,
     E quando in piazza appari, o ne la chiesa
     Ti si levi il cappuccio il popol soro?
Poi dica dietro: ecco chi diede presa
     Per danari a’ Francesi Porta Giove,
     Che ’l suo Signor gli avea data in difesa.
Quante collane, quante cappe nuove
     Per dignità si comprano, che sono
     Pubblici vituperj in Roma, e altrove?
Vestir di romagnuolo, ed esser buono,
     Io mi contento: ed a chi vuol con macchia
     Di bareria, l’oro e la seta dono.
Diverso al mio parer il Bomba gracchia,
     E dice: abb’io pur roba, e sia l’acquisto
     O venuto pel dado, o per la macchia:
Sempre ricchezze riverir ho visto
     Più che virtù; poco il mal dir mi nuoce;
     Se riniega anco, e si bestemmia Cristo: