Ma fatte in pochi giorni poi di quanto
Potea ottener l’esperienze prime,
Quanto andò in alto, in giù tornò altrettanto.
Fu già una Zucca, che montò sublime
In pochi giorni tanto, che coperse
A un Pero suo vicin l’ultime cime.
Il Pero una mattina gli occhi aperse,
Ch’avea dormito un lungo sonno, e visti
I nuovi frutti sul capo sederse,
Le disse, chi sei tu? come salisti
Qua su? dove eri dianzi? quando lasso
Al sonno abbandonai questi occhi tristi?
Ella gli disse il nome; e dove al basso
Fu piantata, mostrogli; e che in tre mesi
Quivi era giunta, accelerando il passo.
Ed io (l’arbor soggiunse) a pena ascesi
A questa altezza, poi che al caldo e al gelo
Con tutti i venti trenta anni contesi.
Ma tu, che a un volger d’occhi arrivi in cielo,
Renditi certa, che non meno in fretta
Che sia cresciuto, mancherà il tuo stelo.
Così a la mia speranza, che a staffetta
Mi trasse a Roma, potea dir chi avuto
Per Medici su ❜l capo avea l’accetta:
Chi gli avea ne l’esilio sovvenuto;
O chi a riporlo in casa, o chi a crearlo
Leon d’umil agnel gli diede ajuto.