E non avrò, qual da punir con multa,
Qual con minaccie; e da dolermi ogn’ora,
Che qui la forza a la ragion insulta.
Dimmi ch’io potrò aver ozio talora
Di riveder le Muse; e con lor sotto
Le sacre frondi ir poetando ancora.
Dimmi che al Bembo, al Sadoleto, al dotto
Giovio, al Cavallo, al Blosio, al Molza, al Vida
Potrò ogni giorno, e al Tibaldeo far motto.
Tor d’essi or uno, e quando un altro guida
Pei sette colli, che col libro in mano
Roma in ogni sua parte mi divida.
Qui dica il Circo, qui il foro Romano,
Qui fu Suburra; è questo il Sacro Clivo;
Qui Vesta il tempio, e qui ’l solea aver Giano.
Dimmi, ch’avrò di ciò ch’io leggo o scrivo
Sempre consiglio, o da Latin quel torre
Voglia, o da Tosco, o da barbato Argivo.
Di libri antiqui anco mi puoi proporre
Il numer grande, che per pubblico uso
Sisto da tutt’il mondo fè raccorre.
Proponendo tu questo, s’io ricuso
L’andata, ben dirai che tristo umore
Abbia il discorso razional confuso.
Ed in risposta, come Emilio, fuore
Porgerò il piè, e dirò: tu non sai dove
Questo calzar mi prema, e dia dolore.