Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/84

Da Wikisource.
78 SATIRA

E non avrò, qual da punir con multa,
     Qual con minaccie; e da dolermi ogn’ora,
     Che qui la forza a la ragion insulta.
Dimmi ch’io potrò aver ozio talora
     Di riveder le Muse; e con lor sotto
     Le sacre frondi ir poetando ancora.
Dimmi che al Bembo, al Sadoleto, al dotto
     Giovio, al Cavallo, al Blosio, al Molza, al Vida
     Potrò ogni giorno, e al Tibaldeo far motto.
Tor d’essi or uno, e quando un altro guida
     Pei sette colli, che col libro in mano
     Roma in ogni sua parte mi divida.
Qui dica il Circo, qui il foro Romano,
     Qui fu Suburra; è questo il Sacro Clivo;
     Qui Vesta il tempio, e qui ’l solea aver Giano.
Dimmi, ch’avrò di ciò ch’io leggo o scrivo
     Sempre consiglio, o da Latin quel torre
     Voglia, o da Tosco, o da barbato Argivo.
Di libri antiqui anco mi puoi proporre
     Il numer grande, che per pubblico uso
     Sisto da tutt’il mondo fè raccorre.
Proponendo tu questo, s’io ricuso
     L’andata, ben dirai che tristo umore
     Abbia il discorso razional confuso.
Ed in risposta, come Emilio, fuore
     Porgerò il piè, e dirò: tu non sai dove
     Questo calzar mi prema, e dia dolore.