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Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/102

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mo vincerai, et non sarai obligato à ridere.
Ing.
Et io pure lungamente mi doleva ne'l cuore, et gran disiderio haveva di disturbare con sententie contrarie tutte queste cose. per cio che per questa cosa medesima sono stata chiamata la menore parola fra gli studiosi, il che prima mi pensai. et con legi, et con giustitie contradire cose contrarie. et questo val più che diece milla ducati, elegendosi le minori parole poi vincere. considera poi la dottrina che s'insegna, che riprendo ogniuno che dice che prima non lasci patire co'l caldo, non di meno havendo una certa opinione vituperi i caldi lavacri.
Giu.
Cosa ch'è tristissima, et infelice fà l'huomo.
Ing.
Stà cheta. per ciò che pigliandoti senza fallo subito ti hò à traverso. et dimi de figliuoli di Giove quale huomo tù pensi che sia da ben con l'animo, dillomi, et che molte fatiche habia fatto.
Giu.
Io giudico ben, che non ce sia più da bene huomo di Hercole.
Ing.
Dove hai tu mai visto fredde lavationi d'Hercule? non di meno ch'è stato più virile, et più robusto?
Giu.
Queste sono quelle cose che fanno il bagno pieno di giovani che sempre ogni dì parlano, et i luoghi da essercitarsi vuoti.
Ing.
Poi vituperi il pratticar ne'l foro, et io'l lodo. perche se non fusse buono, mai Homero non havrebe fatto Nestore concionatore et dicitore, ne ancho