Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/7

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IL PLUTO

lui il mio patrone stropiato de’l cervello. egli và dietro à un cieco, e fa il contrario di quel che doverebe fare. imperò che noi altri ch’habiamo gli occhij cǒmunemente siamo guida à quelli che non vegono, e costui hà un cieco per guida e sieguelo, e vuole che anch’io mio mal grado faccia’l medesimo: e tanto piu ch’egli non risponde pur nulla. Nǒ serà possibile ch’io possa tacere in modo alcuno ò patrone. se nǒ mi dici la causa, perche andiamo dietro à costui, io ti fastidierò: e nǒ paura che mi batti, poscia ch’io hò la corona in capo.

Cre.
Per dio ch’io ti scarpirò la corona se mi sei troppo fastidioso: onde n’havrai magior doglia.
Ca.
Favole. nǒ son io per cessar maim fin che non dici, chi è costui:e perche ti voglio tanto bene, per ciò te ne dimando con tanta istanza.
Cr.
Non ti voglio tener celato alcuna cosa, perche io bò te fedeliβimo trà tutti i mei servi. Essendo io huomo da bene, pio, giusto, la faceva male, & era povero:
Ca.
Io ’l so bene.
Cr.
Gli altri, ch’erano sacrilegi, ciurmatori, calcagni, maldicěti, malvagi, divenivano ogni di più ricchi.
Ca.
Cregiolo.
Cr.
Me n’andai dunque a’l dio (istimandomi gia cosi disgratiato ch’io haveβi gettata la vita mia à l’ultimo termino) à ricercarlo circa quel figlio solo ch’i hò: s’era necessario, ch’egli cangiasse i costumi,