Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/86

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Str.
Ecco.
Soc.
Hor su che vuoi tù prima hora imparare di quelle cose che non sei stato ammaestrato mai niente? (dimi) ò di misure, ò di parole, ò de canti?
Str.
Di misure io che pur adesso da un venditor di formento sono stato ingannato di mezzo staro.
Soc.
Non ti domando questo. ma qual metro pensitù che sia'l migliore, o'l trimetro, o'l tetrametro?
Str.
Io gia niente meglio de'l semisestario.
Soc.
Niente dici ò huomo.
Str.
Risguardami adesso, se'l non è tetrametro il semisestario.
Soc.
Va à le forche, che sei grosso, rozzo, et non poi imparare, tosto potresti ben e imparar di canto.
Str.
Mò che mi giovano i canti à la farina?
Soc.
Hor prima essere ornato ne la compagnia, poi udire di che sorte sono i canti secondo l'enoplio, et di che sorte anchora secondo'l dattilo.
Str.
Secondo'l dattilo, per Giove. ma il sò.
Soc.
Hor dì.
Str.
Di che sorte altro in luogo di questo dattilo? per che questo era anchora, quando io era putto.
Soc.
Disutile sei et goffo.
Str.
Non hò mica io, ò fastidioso, disio d'imparare niente di queste cose.
Soc.
Che poi?
Str.
Quella, quella parola ingiustissima.