Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/98

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selletta mangiando le sententie pandeletie.
Ingiu.
Oime, di che sententia ti sei tu arricordata?
Giu.
Oime de la tua sciocchezza, et de la tua cità, che ti tien viva, che guasti i giovani.
Ingiu.
Non questo insegnarai, perche sei un Saturno.
Giu.
Poi che à lui è forza salvarla, et non la loquela solamente essercitare.
Ing.
Vien quà lascia costei impazzire.
Giu.
Tù piangerai. tù vi pon la mano?
Coro.
Cessate di contendere et dirvi villania. ma mostrane tù quelle cose ch’hai insegnate à quelli de prima, et tu la instruttion nuova, à ciò che colui che vi oda à contradire, giudicando se ne vada.
Giu.
Questo voglio fare.
Ing.
Et anchor io voglio.
Coro.
Hor quale di voi prima dirà?
Ing.
Costei lascierò dire. et poi da quelle cose ciò che dirà, con parolette nuove et sententie la saettarò. Ultimamente s’ella parlarà, punta per tutta la facia, et per gli occhij come da le vespe, da le sententie se ne morirà.
Coro.
Hor mostrate, confidandovi ne le parole convenienti, et ne i studij, et ne le cogitationi, quale di voi dicendo migliore apparerà. per ciò che tutto’l pericolo quì si dà à la sapientia, de la quale à i miei amici è gran contentione et pugna. Ma ò tù ch’incoroni d’assai buone usanze i vecchij parla con quel modo che ti piace, et de la tua natura.