Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— Mio? — sclamò dolorosamente abbassando la testa sul seno — Non è più mio.
— Eh via! — sclamò Cristina facendo atto di meraviglia — Ma che hai tu, povera ragazza? tu piangi.
La Gigia non rispondeva, e le lagrime le gocciavano grosse dagli occhi sul tappeto del pavimento.
— T’avrebbe egli lasciata? È forse partito da Milano?
— No;... mi tradisce;... ne ha un’altra.
— Oh non sarà poi vero!... mi rincresce povera fanciulla... ma non sarà vero;... consòlati.
— So tutto... Ho veduto io stessa pocanzi, con questi occhi;... ora non potrà più negarmelo... Era lei.
— Che cos’hai veduto? — chiese la Firmiani gettandole quella domanda colla solita noncuranza, mentre fingeva d’essere intenta a ravviarsi i bandeaux dinanzi allo specchio.
— Ho veduto la signora che è adesso la sua amante; — rispose la Gigia — l’ho veduta entrare in casa sua... Ora non ho più dubbio.
Cristina guardò in viso al Dal Poggio e stette muta come donna che teme di proseguire un discorso pericoloso.
Il Dal Poggio divorava la Gigia collo sguardo; era pallido; ma non mostrava altra emozione.
— Chi sarà mai questa signora? — chiese egli, con voce insinuante, alla fanciulla.