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— Ella vuol scherzare, — disse — non ho tempo nè voglia di scherzare.
— Le pare che io scherzi?... Io le giuro che ne ho il mezzo.
— Perchè si prende questo interesse per me?
— Perchè mi dispiace di vederla addolorata, e ripeto, io ho il mezzo di far ciò che ella desidera, mentre forse altri non l’hanno.
— E qual è questo mezzo? — chiese finalmente la Gigia, persuasa dall’accento di profonda serietà con cui il Dal Poggio le parlava.
— Conosce lei, — chiese Emanuele — il marito della signora che è l’amante di Emilio, da lei veduta poco fa entrare in casa sua?
— Io no.
— Neppure di nome?
— Di nome sì:... è un certo signor Dal Poggio, — rispose la Gigia presa al laccio.
Lo sventurato protese le mani, e si attaccò alla sbarra della scala per non cadere.
Seguì un momento di silenzio.
— Ebbene io lo conosco; — disse facendo uno sforzo sovrumano per parlare senza tradirsi — Se volete gli parlerò io stesso.
— È questo il mezzo ch’ella mi offre?
— Sì.
— Allora la ringrazio. Se volessi potrei conoscerlo e parlargli anch’io. Non voglio nessuno per forza io. La riverisco.
Così detto si volse, seguitò a scendere i gradini della scala e se ne andò.