Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/316

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— Vi presento il conte Alfredo Gastoni, mio buon amico, che va un tratto in Crimea a battersi contro i Russi.

Gastoni, che nella mesta riconobbe subito Noemi, al vederla così pallida, così rassegnata, così mutata, sentì stringersi il cuore di pietà, e dovette confessare a sè stesso che la sua fantastica suora di carità non gli sarebbe apparsa nè così poetica, nè così interessante.

Dopo averle detto, non so che parole, Alfredo si volse a salutare cordialmente la Gigia, che, tutta commossa di rivederlo in quel luogo e dopo tanto tempo, non bramava che di stringergli la mano.

Si parlò di cose estranee al passato: di guerra, di cholera, di Parigi, di Crimea...

Finalmente si giunse ad Arona.

— Non c’è dunque speranza di stogliervi dal vostro proposito? — chiese Noemi al professore mentre stavano per distaccarsi.

— No; figlia mia; — rispose il buon vecchio — Io sono un soldato della salute pubblica nè più nè meno di questo giovinotto che lo è della civiltà e dell’indipendenza. Il cholera è la mia Sebastopoli. Che diresti d’un soldato che il giorno dell’assalto non corresse sotto la bandiera? Il mio posto è dove si muore; è a Milano. Se scamperò ci rivedremo qui sul lago o a Torino. Addio, Noemi;... addio, Emanuele;... addio, Gigia... State sani e amatemi, come vi amo io tutti e tre.

Anche Gastoni strinse affettuosamente la mano