Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/61

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Emanuele Dal Poggio — che, sebbene ricco proprietario, aveva dovuto rassegnarsi ad affittare tutti i suoi appartamenti, giacchè il conte nonno non avrebbe lasciato uscire di casa la sua Noemi per tutto l’oro del mondo — era un bell’uomo fra i quarantacinque e i quarantasette anni, pieno di ordine, di onestà, di rettitudine, e il cui solo difetto era una dose terribile di orgoglio, e di quell’aridità di carattere, che è quasi un vanto per certi, così detti, uomini serii. Lagrime e sorrisi gli erano cose affatto sconosciute.

— Io l’ho sempre detto, e sempre più mi convinco che la questione d’Oriente non è di quelle che si tronchino per paura o per desiderio di pace; — proseguì egli senza mai guardar in viso a’ suoi due ascoltatori — Gli interessi che vi si urtano non sono di quelli che si possano comporre facilmente; tutt’al più le potenze cercheranno di tirar in lungo. La politica adesso è diventata più che mai una scienza d’aspettazione...


La lancetta del pendolo segnava già le cinque e nessuno dei convitati era ancora comparso. L’inquietudine di Noemi cresceva. Il nonno la osservava colla coda dell’occhio. Il marito seguitava a parlare senz’accorgersi di nulla.

Finalmente l’uscio si schiuse ed entrò il primo convitato.

Costui era un uomo ne’ cinquant’anni, calvo come il palmo della mano, e che mostrava di essere della famiglia.