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LA FIGLIA DI LADY ROSE 111

— Vi raggiungerò poi. Ma prima è necessario che vada a Parigi. Ho.... ho degli affari.

— Ma la mamma ha detto....

— Si; mi sono decisa solo ora. Lo dirò domani alla tua mamma.

— A Parigi? Tutta sola, Mademoiselle?

— È perchè no, cara sciocchina?

Vous étes fatiguée . Vorrei venire con te per portare i mantelli e gli ombrelli.

- Sì, davvero! E. sarei costretta, alla fine, di dover portare tutto io, gli ombrelli, i mantelli e tu pure.

Julie s'inginocchiò presso alla bambina prendendola nelle sue braccia.

— Mi vuoi bene, Thérèse?

La piccina tirò un lungo sospirone e colle sue manine rachitiche accarezzò i bei capelli che la sfioravano.

— Mi vuoi bene?

Un bacio cadde sulla guancia di Julie.

Ce soir, Jai beaucoup prié la Sainte Vierge pour vous! — sussurrò la bambina timi- damente.

Julie non rispose subito. Si alzò senza abbandonare la mano della piccola inferma.

— Sei stata tu a mettere quelle immagini sulla mia caminiera?

— Sì

— Perchè?

La bambina esitò.

— Fa bene a guardarle quando si è tristi, nevvero?

— Perchè credi che io sia triste?

Thérèse tacque un momento, poi gettò le sue esili braccia al collo di Julie e questa sentì che piangeva.

— Ebbene, non sarò più triste — le disse Julie. — Quando saremo tutte assieme a Bruges, vedrai.

E sorridendo alla bambina, essa le rassettò il candido lettuccio prima di lasciarla.

E da quell’affetto innocente, essa tornò al tumulto dei suoi pensieri e dei suoi progetti. Durante tutta quella notte agitata, i suoi genitori le tornarono sovente alla memoria. Come figlia di rivoltosi, quando pensava all'incontro che l’attendeva, le pareva di accettare un'eredità inevitabile. Un senso di liberazione, di libertà passionata la sosteneva, come se la vita, in lei, avesse portato il suo frutto.


Greil! La visione fulminea dei fanali di una stazione... poi l'espresso di Parigi continuò a fendere l'acquazzone gelato e le raffiche di vento. AI cuore della primavera, l'inverno ricompariva. II treno divorò la mezz'ora che lo separava dalla gare du Nord. Sotto al fitto velo, Julie rimaneva immobile nel suo angolo. Non aveva coscienza di nessuna agitazione speciale. Il suo cervello era concentrato sulle istruzioni che le aveva dato Warkworth, per non dimenticarle. Doveva prendere una carrozza e farsi condurre direttamente alla stazione di Sceaux, dove egli l’attenderebbe. Pranzerebbero in un modesto restaurant presso alla stazione e l’ultimo treno li porterebbe nella verde vallata della Bièvre, dove dovevano fermarsi.

Julie portava con sè il suo bagaglio, per cui non vi era da perdere tempo alla dogana.

Ah! ecco già i lumi di Parigi! Julie li fissava, attraverso la pioggia, colla sensazione piacevole di tornar in seno alla famiglia. Essa amava la Francia € tutto ciò che era francese; quelle immense e sudicie case dei sobborghi, gli avvisi, l'aspetto delle vie. Il treno rallentò la sua corsa entrando in stazione. I facchini in giubba turchina assaltarono il treno.

C'est tout, madame? Vous n'avez pas de grands bagages?

— No, nulla. Trovatemi subito una carrozza.

Fuori vi era molta folla. Julie procedeva il più presto possibile, pensando a ciò che direbbe se qualche persona di conoscenza l'avesse avvicinata. Ma per fortuna e grazie all’aver viaggiato in seconda classe tanto in ferrovia come sul piroscafo, essa aveva evitato qualunque incontro.

Ma la stazione del Nord era piena di inglesi, ed essa camminava in preda a un ansioso timore.

— Mademoiselle Le Breton!

Julie si volse bruscamente. Al bagliore dei fanali elettrici essa non ravvisò tosto l'uomo che le parlava. Ad un tratto indietreggiò, mentre che il suo cuore batteva pazzamente. Aveva riconosciuto il viso di Jacob Delafield.

Egli si avvicinò mentre essa varcava la barriera all'estremità del quai, e Julie rimarcò che pareva assai eccitato; sembrava quasi che l'avesse attesa!

— Signorina Le Breton! che strano e fortunato incontro. Ho un messaggio per lei da Evelyn!

— Da Evelyn? — Julie ripetè quelle parole macchinalmente, mentre scambiava una stretta di mano con Jacob.