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157 UN PO' DI MAROCCO

mente — sospinto — vaso di creta — tra due di ferro — Mulaï And-el-Aziz — fra Germania e Francia — non può non rimpiangere d'essere, dopo dodici anni di regno — non solo il torturato dalle sinistre imprese d'un indigeno pretendente — ma altresì la predestinata preda ai famelici programmi invasivi di una Repubblica, che gli sconfina addosso dal possesso algerino, e d'un grande Impero, che dal mare, s'avanza passo passo, sotto etichetta colonizzatrice, alla volta del suo cuore. Così, fra i pantaloni rossi, da un lato, e gli elmi a chiodo dall'altro, il sultano del Marruecos, si sente stretto e serrato, come in una morsa. E la sua è prosaicamente la sorte riserbata al lepre di Brillat-Sevarin. O finire in civet, o terminare in salmy.... Per sua fortuna i cuochi di Parigi e quelli di Berlino, sono in massima discordia fra loro sulla cucinazione della selvaggina islamita. I cordons bleu della scuola francese vorrebbero avere la mano libera per confezionare a modo loro, il piatto del giorno, Viceversa quelli germanici, guidati dal loro imperiale maître d'hôtel — pretendono circonscrivere i diritti o le esigenze deli emuli; i consiglieri, se non arbitri del loro dissidio, invocano a denti stretti — i plenipotenziarii delegati dalle altre potenze. E dopo il brontolio minacciosamente bellicoso, interviene il protocollo diplomatico. E le note si offrono di surrogare le cannonate. Ed in nome e per conto della pace europea — l'Inghilterra, la Spagna, l'Austria, la Russia e l'Italia, l'America del Nord ed altre ed altre Potenze se ne vanno ad Algesiras, frapponendosi tra la Francia e la Germania. E si consacrano ad impedire la conflagrazione generale alle viste. E tutti i cointeressati nel predominio del Mediterraneo, cospirano con nobili sforzi, a far sì che dileguisi lo spettro orrendo di quel temuto flagello che avrebbe nome: guerra franco-tedesca.

L'anno battezzata — e forse lo è — una vera querelle d'allemands. C'è la Francia, che fondandosi sopra convenzioni antiche e recenti, pretende la supremazia del controllo europeo sul Maghreb. Controllo politico, controllo militare, controllo semi-amministrativo: e tutto larvato da un complessivo controllo finanziario di cui si afferma investita per conto ed in nome delle Potenze europee. C'è la Germania, la quale però da quest'orecchio, non ci sente. Vuole, essa, direttamente, assumere la difesa e la protezione dei tedeschi al Marocco, ed il diritto, di guidare a loro beneficio le riforme richieste al sultano. Né basta. Essa ricusa alla Francia ogni preponderanza al Marocco, eccettuata la plaga confinante coll'Algeria, dove la Francia è padrona, e come tale, ha titolo riconosciuto ad irradiare sul Maghreb la propria influenza. Né basta, né basta. La Germania contesta aspramente alla Francia la facoltà di parlare ad Abd-el-Aziz, per conto delle altre Potenze, e la invita a non esorbitare dalla cerchia delle sue attribuzioni. — La Spagna poi, l'Inghilterra, l'Italia — in massima non aprioristicamente ostili alle idee francesi — intendono esercitare un mandato di conciliazione e di pacificazione tra le due emule. E ciò ad esse importa assai più che la condizione fosca del povero Mulaï. E risolute, nella conferenza d'Algesiras, a liquidare tutto l'antefatto, onde furono, autori meccanici — il francese Tallandier di qua e il tedesco Tattenbach di là — jugulanti in senso diametralemnte opposto il sultano marocchino ed il suo visir Abd-el-Kerim, ministro degli esteri — vogliono insieme, eliminare nel convegno d'Algesiras, tutti gli angoli acuti e smussare tutti gli spigoli taglienti franco-tedeschi, determinando arbitralmente l'orbita delle rispettive efficienze, ed edificando sulla reciproca concordia la casa della pace inalterata ed inalterabile.

E qui, sfiorando soltanto la superficie del blocco d'una vecchia e vessata questione — non mette proprio conto di specializzare sovra i suoi particolari dell'attimo fuggente, le cui conseguenze, maturando a suo tempo, dovranno pure consegnarci la chiave per aprire la porta misteriosa di questo “Sesamo„ contemporaneo. Allora soltanto, fra un mese o più, avremo noi pure il diritto di lanciare a piena gola il nostro: Ouvre-toi, Sèsame! Ma adesso no. Adesso il grido sarebbe prepostero. Adesso contentiamoci al segnalamento del passaggio di tutti i membri dell'arepago diplomatico, concentratisi nella ospitale cittadina della costa libera: ed all'aspetto meditabondo del loro volto, composto a fredda ed autera impenetrabilità — noi pure, silenziosi, guardiamo....

Ecco Revoil e Regnault, il rappresentante ed il plenipotenziario di Francia. Non parlano. Ma il loro non è un silenzio arcigno. E sapendosi considerati dai colleghi — assai più fortunati degli antichi legati di Roma — i quali portavano nel lembo della loro toga — o la pace o la guerra, a seconda del buon piacere dei nemici di Quirino — non dissimulano la propria soddisfazione d'esseri latori dell'unica sorte: quella della pace invulnerabile. Tale essendo il volere del governo e del popolo, ond'essi sono gli interpreti. Un governo ed un popolo, tanto meglio disposti ad assicurare al mondo il beneficio della fraternità internazionale calma e tranquilla — quanto più entrambi sicuri che, dal 1870 ad oggi, sono passati trentasei anni: il che, in altre parole, significa che la Francia vuole la pace perchè è preparata alla guerra. La vecchia scuola neo-latina non le ha lasciato per niente, il celebre precetto: si vis pacem, para bellum....

Con piede più tardigrado, sfila la delegazione tedesca. Essa pensa malinconicaente alla forzata assenza del suo collega, il barone von Richtofed, segretario di Stato agli Esteri, eco dell'anima del Gran Cancelliere principe di Bülow. Del valoroso dott. Richtofer, che alla vigilia di lasciare il suo gabinetto in Wilhelmstrasse, a Berlino, per recarsi al Congresso, fu, pel surmenage di lavoro intellettuale di preparazione, apopletizzato, e dovette tragicamente morire, mentre i suoi colleghi raggiungevano la propria destinazione. Luguberrimo auspicio codesto — che aggrava ancor più la già grave condizione della diplomazia tedesca, nel rapporto della vertenza di appianarsi.

Ed ecco infine il gruppo dei rappresentanti d'Italia nostra. Emilio Visconti-Venosta e Carl Sforza. Questi, segretario di Legazione, quello rappresentante del nostro paese — così direttamente impegnato nella questione mediterranea. Il marchese Emilio Visconti-Venosta, che ha settantasette anni. Che è stato ministro degli esteri italiano per circa un quarto di secolo. Che ha la politica internazionale, transustanziata in sè stesso. Che, decano della diplomazia contemporanea — è una competenza sovrana, è un maestro insuperato, ed un campione mai smentitosi, tanto della consistenza del blocco latino, quanto della fede alle alleanze liberamente ed onestamente contratte....

E non particolareggiamo sul resto. Né sui delegati americani, i quali dichiarono che la più rigorosa imparzialità sarà la inspiratrice delle loro informative da Algesiras a Washington, e delle considerazioni che verranno fatte alla “Casa Bianca„. Né sulla serena fiducia della diplomazia spagnuola, la quale, per bocca del duca di Almodovar, manifesta la convinzione profonda, che tutto si risolverà nel miglior modo possibile, sulla base di una conciliazione perfetta. Né sulle postume resipiscenze prussiane dei Radolin e dei Radowitz, i quali se avessero posseduta da principio, una meno elevata temperatura di sangue, avrebero senza dubbio chiusa la strada allo accapigliamento semipolemico coi delegati francesi al Marocco — e non avrebbero, sia pure involontariamente — spinta ad ebullizione, l'ondata d'amor proprio offeso dei due popoli, divisi dall'epico Reno....

E molto meno, è oggi il caso di precipitare un oroscopo. O le Potenze ad Algesiras, daranno ragione alla Francia, la quale in nome della sua posizione in Africa — domanda esercitare un mandato generale per l'organizzazione della polizia in tutto il Marocco. O per contrario, daranno causa vinta alla Germania, respingente il proposito francese, e solo concedente alla Francia l'incarico di tale organizzazione di polizia soltanto nella plaga del Maghreb, prospettante i suoi confini coll'Algeria. O, insomma, la spunterà la Francia, abilitata a costituire una sola polizia nel Marocco, per conto di tutti gli interessi europei delle varie nazioni; o per conrario, il successo sarà della Germania, che intende suddividere tale organizzazione, in tante zone, e ripartirle sulle singole nazionalità differenti....

Ma — ad ogni modo — e coll'aria ottimista che spira — non bisogna introdurre la gola in questo reciso dilemma che è nient'altro al di fuori d'un ferreo collare da schiavo. Fra le due corna — c'è l'interstizio d'una transazione logica e feconda. Ed è questa che trionferà ad Algesiras. E si può stare a buona fidanza che il vaticinio — si realizzerà completamente.

Tale la conclusiva — in tono di speranza — di questo “po' di Marocco„.

F. Giarelli.