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IL PASTORE 251

Quegli chinò la testa, fulminato. Egli sentiva il coro della compagna diventar di ghiaccio e irrigidirsi tra le sue braccia.

“No, no!...„ — sussurrava, soffiandole l'orgasmo della sua voe nella bocca stinta: — “Coraggio!... Non tradirti!...„

Ella parve riaversi, a quella parola: con uno sforzo supremo riaprì gli occhi, levò la testa tremante, fissando esterrefatta colui che raccontava una storia tanto orrenda. Egli pure la dominava col suo occhio freddo e crudele, sino a trapassarle l'anima.

“...Prima ero,... ero guardaboschi...„ — riprese colla apparenza di una grande calma, quasi di un segreto piacere nel grattarsi la piaga: — “Ci eravamo sposati da un anno... Cresciuti insieme,... come fratello e sorella...„ — La sua voce ebbe un tremito impercettibile. — “Quando er libero, passavo le intere montagne per andarla a trovare...

Una notte,... — pareva questa..., — scesi inaspettato... Da una settimana non la vedevo... avevo sete di riabbracciarla!... Il paese era addormentato e buio,... come in bocca al lupo... Una luce traspariva dalla finestra della mia casa...„

Un grido ruppe dal petto della donna; — fulminata dallo sguardo truce del pastore, ella aveva chinato la testa tra le mani, smarrita. Non si udiva che l'ansia del suo respiro, oppresso e breve.

Egli seguì, sempre più arroventato dal suo racconto:

“Delle voci sommesse giungevano a traverso alla imposte... Non era sola,... lei!... Poi tutto divenne buio, d'un tratto, anche dentro... Io stavo immobile, sotto la pioggia,... inzuppato, guardando in aria... Le gambe non mi portavano più!...

Di là a poco un'ombra venne alla finestra,... l'aprì cautamente, guardando giù nella strada... Poi la porta s'aprì... — un uomo ne era uscito, alto, forte... Ah, per Giuda!... Era lui!... D'un balzo gli fui alla schiena, afferrandolo... Le gambe mi portavano ancora, come il fulmine!...

“Ci avvoltolammo per terra, avvinghiati, come due orsi... Ma io ero più forte!... Non avevo mangiato il cuore a nessuno!...

“Poi, collo stesso coltello in pugno... salii nella casa...„

Un brivido lo corse, scuotendolo dal capo alle piante. Egli sorse, a quella rievocazione, acceso da un novello furore di strage, magnifico e terribile nella sciagurata smania che ancora gli bruciava l'anima. Poscia, vedendo la donna in preda a un orgasmo crescente, la sua faccia passò bruscamente dalla espressione di un cupo orgoglio al lampo di una percezione sicura e schiacciante. E non torceva gli occhi da lei; — quel terrore, quel languore, avvampavano nel suo sangue la voluttà crudele d'una vendetta indefinita contro una altrui infamia ignota che gi gravasse sul cuore in quell'ora come una provocazione del cielo alla sua infelicità stessa.

“Voi siete... la sua dona?...„ — disse, colla insinuazione fredda e avvelenata di chi fa un'atroce violenza a sé stesso: — “Ch'egli non debba mai fare... come io ho fatto!...„

“E voi, signor mio, tenete bene gli occhi aperti!... Non lasciate entrare il lupo nel vostro chiuso... Difendetelo,... sino alla morte!...„

Questa sua ultima voce, accompagnata da un gesto feroce e significativo, salì, acuta e tagliente quale una lama, in un urlo selvaggio a invadere tutto il capanno. Il pastore aveva afferrato la sua seggiola, e la roeava minaccioso nel pugno possente, in procinto di fracassarla sul cranio a qualcuno.

Come due inermi davanti a una fiera, i due disgraziai erano andati rinculando, stretti l'un l'altro, sino alla porta dell'abituro, in cui pareva essersi abbattuto un fulmine.

Quando li vide così ridotti alla parete, pallidi di morte, scaraventò la seggiola lontano, e un ghigno diabolico scoppiò dalla sua bocca spalancata in una smorfia macabra.

Su, in alto, il fieno crepitava sotto ai moti di corpi che si riagitano. Una voce d'uomo, torbida, accennò pochi strambotti sonnolenti.

“No, no!...„ — gridò il giovine, preso da un improvviso orgasmo: — “C'è tempo... il giorno è ancora lontano!...„

La bufera si era andata esaurendo. Appena, tratto tratto, un soffio di vento tornava all'assalto contro il rifugio, con voce ognor più rauca e bassa. Il suo fiato non dava più che un suono eguale e monotono alla zampogna.

Il pastore andò alla porta, e la schiuse, restandovi affacciato. Un coro di belati si levò alto alla sua apparizione: — tutte le pecore, come una sola, avanzarono incontro a lui con una mossa rapida, invocandolo colla voce appassionata e dolente.

“È passato!...„ — disse, guardando profondamente nel cielo: — “tutto sereno!...„ —

Una ventata fredda, che sentiva di grandine, si ingolfò nell'ambito breve del capanno, facendo sfarfallare il lume. — “Le mie camicie vi hanno fao perdere il sonno, signori!...„ — 
sorrise, con una tristezza dolorosa nell'accento inaspettatamente placato, quasi chè la bufera si fosse ammorzata anche dentro di lui. — “A momenti viene l'alba, e me ne vado!...„

Il cielo, ad oriene, appariva già infatti leggermente livido e stinto. Uno sprazzo rosato, riflesso di un lampeggiare lontano, sfolgorava d'attimo in attimo le fronti algide delle rocce, ripercuotendovi le ultime smanie della burrasca, sperduta nel baratro di vallate invisibili. E via via, nel lento pulsar della luce, le faccie di pietra, su, in alto, qua e là brizzolate da profonde coppe di grandine, si andavano solcando di smalti argentei, in un crepitar frequente di scintille vive, come diafana polvere di gemma che si sprigionasse dalle loro fibre stesse.

Un mozzo di luna capovolta vagava ancora nel cielo, vitrea ed inerte, qualche schifo sbattuto alla deriva di un profondo mar di cobalto. Le sue superbe stelle che la incalzavano dappresso, atomi strappati a forza da una maggior fonte di lume e dispersi nello spazio senza meta, apparivano piccole e già alquanto al declino raggianti ancora nella lor tenace vigilia d'amore, ma bianche di luce virginea, simili a due goccie di puro diamante nelle orecchie di una fulgida sposa.

Quel pallore andava crescendo a vista d'occhio,