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Fresca nella Locandeira, sanguinante e mordace in Visita di Nozze, è l'unica che abbia restituita a Cesarina, nella Femme de Claude, l'anima che le aveva data Dumas.

Tutte le altre ne fanno una donna semplicemente brutale, malvagia e vile. Dumas, che è stato sempre il difensore della donna, non avrebbe potuto idearla così. Cesarina è una traviata, dall'egoismo degli individui e della società. Essa alla sua volta travia. Vuole salvarsi — e non trova una mano che la risollevi. giovanni scarneo. Allora, sotto l'impero dei suoi nervi, si accende di un fuoco distruttore, e colpisce: cade, s'insozza, precipita.

Ma nella scena del secondo atto, come dilaga l'amarezza dell'anima sua! In questo Duse è semplicemente meravigliosa. E quando seduce Antonino? Quelle mani nude e bianche, nervose e carezzose, che tentano e si ritraggono, per afferrare poi più tenacemente?

E quelle mani ferite in Monna Vanna?!... La dolcezza di quella voce, nel riconoscimento, l'acre impeto ironico e ribelle, poi, quando il marito non crede, e il barbato ha rispettato!?...

É tutta una visione di vita muliebre, di psiche femminile — è l'anima della donna intelligente e sensibile, che si rivela in ogni interpretazione dusiana.

Eleonora Duse è nata a Vigevano. Io vorrei che la nobile città se lo ricordasse. E vorrei, che, alla grande attrice, vivente, sorgesse nella sua patria un monumento, nel quale fosse raffigurata con le sue belle mani protese.

Ma quelle mani, che parlano, che vibrano, come vibra l'elettricità nel Genio di Franklin del Monteverde.

Quelle belle mani bianche e ignude, minaccia e carezza, incitamento e consolazione, quelle mani che hanno un'anima, una voce, un profumo, un pensiero direi quasi!

Fra due anni si compirà il ciclo luminoso della grande artista, in un anniversario solenne.

Volete o colleghi della stampa che ci uniamo tutti, per questa festa dell'arte?

Vuole la città nobilissima di Vigevano accogliere la mia proposta? Vorrei che questo stellone fosse solo, come è unica la Divina cosa (dirò col Petrarca) alla quale è dedicato. Ma, si sa, le esigenze del pubblico, dell'attimo fuggente!....

Il macchiestista. E anche lui nel suo genere, è unico!. Ed è egli pure, nel suo genere, un grande artista — l'artista della gioia, del riso, della spensieratezza (apparentemente): Niccola Maldacea.

C'era un paese tutto in lagrime, aggravato di tasse, d'avvocati, di soldati e di igienisti, i quattro flagelli dell'umanità, che tolgono ogni gioia, che mozzano il fiato.... vi andò Maldacea, fece ‘a risa, e quel paese scoppiò tutto in una risata omerica, sana, schietta, infrenabile.

Maldacea si è fatto scrivere le sue canzonette, che son veri monologhi, da scrittori geniali, con Trilussa a capo — ed egli ha dato a ogni tipo il carattere suo particolare curato in ogni minutezza, e senza dimenticarsene mai — senza obliarsi un istante. E con lui passa sul palcoscenico la satira dell'umanità. La canzonatura dei nostri pregiudizi, dei nostri vizi, delle nostre pècche.

Maldacea è un critico, senza saperlo. Egli, nel divertire immensamente, fa pensare!

Guardatelo nel nuovo ricco, nella Cocotte intellettuale, nel Collettivista, nella Fiera di beneficienza, nel vieux garçon, perfino nel decadente, nell'ufficialetto, in un centro altri monologhetti, egli, con rara precisione, con sobrietà unica, rende dei tipi, che sono caricature, ma senza essere mai nè grotteschi, nè volgari, e ci canzona garbatamente.... e anche atrocemente, se volete, ma senza stancarci e senza indispettirci mai!

Peccato che qualche volta vi sieno le serate nere, a soddisfazione della ragazzaglia.... ignorante, e della vecchiaia viziosa!

Edipi.