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Scienza e Dolore 283

parole convenienti a chi non professa la scienza e pur ne ragiona fra uomini che di scienza sono maestri. Io non credo che uno stoico feremus e un rassegnato igorabimus sieno il solo compito degli uomini di scienza rispetto agl’irreducibili dolori fisici, morali e intellettuali del mondo. Accettare la sorte che le leggi ferree della nostra natura ne impongono è virile atto; ma vi hanno due vie di compierlo. Si può disprezzare il dolore invincibile, fare ogni sforzo di escluderlo dal pensiero, di operare in tutto come se non esistesse. Si può invece guardare in faccia tutto il dolore di ogni tempo, sottoporlo ad analisi, determinare un tal numero di fatti costantemente connessi in qualità di causa, di forma, di effetto del dolore, da poterne indurre certe leggi, un tal numero di leggi da poter determinare qualche loro comune carattere, quindi la esistenza di altre leggi superiori, più semplici e più comprensive, la probabilità di una categoria di leggi ancora più elevata, la possibilità, infine, di una legge suprema ed unica, di una ragione ultima del dolore.

Questo secondo partito appare più conforme allo spirito scientifico moderno. Tuttavia io non dubito, signori, che le mie parole non riescano sospette a qualcuno. Vi si vorranno vedere dei preconcetti metafisici e il disegno di una mistica teleologia