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sua capacità organizzativa e tecnica, il rendimento della sua mano d’opera sono elementi ben noti. Le cifre di produzione di aeroplani e di sottomarini raggiunte dalla Germania sono veramente eccezionali ed in continuo progresso. Ciò nonostante, io sono grato al Führer di avere accettato la mia offerta: nulla più del sangue versato in comune, o del sacrificio in comune sopportato, rende solidi e duraturi i rapporti fra i popoli, quando siano animati da una lealtà assoluta e da una identità di interessi e di ideali. Sono sicuro che i nostri aviatori e i nostri sommergibilisti faranno onore alla nostra bandiera.

Dopo un lungo pazientare abbiamo strappato la maschera ad un Paese garantito dalla Gran Bretagna, un subdolo nemico, la Grecia. È un conto che attendeva di essere saldato. Una cosa va detta, e forse non mancherà di sorprendere taluni inattuali classicisti italiani: i greci odiano l’Italia come nessun altro popolo. È un odio che appare a prima vista inspiegabile, ma è generale, profondo, inguaribile, in tutte le classi, nelle città, nei villaggi, in alto, in basso, dovunque. Il perchè è un mistero. Forse perchè Santorre Santarosa andò dal natio Piemonte a morire ingenuamente ed eroicamente per la Grecia a Sfacteria? Forse perchè il garibaldino forlivese Antonio Fratti ripetè lo stesso gesto di sublime ingenuità 70 anni dopo cadendo a Domokos? Interrogativi. Ma il fatto esiste.

Su questo odio, che si può definire grottesco, si è basata la politica greca di questi ultimi anni; politica di assoluta complicità con la Gran Bretagna. Nè poteva essere diversamente, dato che il re è inglese, la classe politica inglese, la borsa, nel senso figurato e nel proprio, è inglese.

Questa complicità, estrinsecata in molti modi che a suo tempo saranno irrefutabilmente documentati, era un atto di ostilità continua contro l’Italia.

Dalle carte trovate dallo Stato Maggiore Germanico in Francia, a Vitry la Charité, risulta che sin dal maggio la Grecia aveva offerto ai franco-inglesi tutte le sue basi aeree e navali.

Bisognava por fine a questa situazione. È ciò che si è fatto il 28 ottobre, quando le nostre truppe hanno varcato il confine greco-albanese.

Le aspre montagne dell’Epiro e le loro valli fangose non si prestano a «guerre-lampo», come pretenderebbero gli incorreggibili che praticano la comoda strategia degli spilli sulle carte. Nessun atto o parola mia, o del Governo, e di nessun altro fattore responsabile l’ha fatto prevedere.

Non credo che valga la pena di smentire tutte le notizie diramate dalla propaganda greca e dai suoi altoparlanti inglesi. Quella Divisione Alpina «Julia» che avrebbe avuto perdite enormi, che sarebbe fuggita, che sarebbe stata polverizzata dai greci, è stata visitata dal generale Soddu, il quale, a visita ultimata, così mi ha telegrafato il 12 novembre: «Recatomi stamane visitare Divisione Alpina «Julia», devo segnalarvi, Duce, la magnifica impressione riportata di questa superba unità fiera e salda più che mai nei suoi granitici alpini».

C’è qualcuno tra di voi, o camerati, che ricorda l’inedito discorso