Su questo femminile, instabil mostro
Han quelle donne glorioso impero,
Che sdegnando la calza e il paternostro
Solo alla penna volgono il pensiero;
E il candore natio tinto d’inchiostro,
Sbalordiscono il gemino emisfero
Non sol con questa e con quell’altra cosa,
Ma con l’opere loro in verso e in prosa.
Mentre ch’io dico, alla stupenda riva,
Che facile ai nocchieri offre l’approdo,
Il Peregrin con la compagna arriva,
E trova tosto di sbancare il modo;
Ma però che il terren danzar sentiva:
A dir vero, osservò, troppo non godo
A un tal gioco di rullo e di beccheggio,
Che in fede mia non si può dar di peggio.
Però ti prego ben, se in questa insana
Terra è forza ch’abbiamo ad ospitare,
Prepara, amica mia, qualche tisana,
Che mi preservi almen dal mal di mare:
Perchè a dover, come vuota tartana
In tra due venti, starsene a ballare,
E quel ch’è peggio tra persone matte,
C’è da recere, temo, il primo latte.