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Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/144

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144 Atlandide


Su questo femminile, instabil mostro
     Han quelle donne glorioso impero,
     Che sdegnando la calza e il paternostro
     Solo alla penna volgono il pensiero;
     E il candore natio tinto d’inchiostro,
     Sbalordiscono il gemino emisfero
     Non sol con questa e con quell’altra cosa,
     Ma con l’opere loro in verso e in prosa.

Mentre ch’io dico, alla stupenda riva,
     Che facile ai nocchieri offre l’approdo,
     Il Peregrin con la compagna arriva,
     E trova tosto di sbancare il modo;
     Ma però che il terren danzar sentiva:
     A dir vero, osservò, troppo non godo
     A un tal gioco di rullo e di beccheggio,
     Che in fede mia non si può dar di peggio.

Però ti prego ben, se in questa insana
     Terra è forza ch’abbiamo ad ospitare,
     Prepara, amica mia, qualche tisana,
     Che mi preservi almen dal mal di mare:
     Perchè a dover, come vuota tartana
     In tra due venti, starsene a ballare,
     E quel ch’è peggio tra persone matte,
     C’è da recere, temo, il primo latte.