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Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/160

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160 Atlandide


Una immane procella ahi le redente
     Donne minaccia a cui tu sei signora,
     Ma che dico, minaccia? orribilmente
     Essa già i campi invade e il ciel rintrona;
     Io per questo qui vengo immantinente
     A supplicar la tua gentil persona,
     Perchè la luce delle tue parole
     Ne sparga un raggio ove non batte sole.

Una coppia maligna (il dico o il taccio?)
     Laggiù, fra noi, forse or quassù si aggira,
     Che d’insultare e irridere ha il mostaccio
     Quanto di ben la libertà c’ispira;
     Che a nostra libertà tendere un laccio
     E a screditar le nostre leggi aspira;
     Che indaga e spia non pur chi in alto stassi,
     Ma oltraggia noi fin nei paesi bassi.

Con questi occhi io li scorsi, io dell’infame
     Coppia (ed uomo un dei due certo esser dee)
     Per caso udii le scellerate brame
     E i vili intenti e le maligne idee;
     Io che di gloria imperitura ho fame,
     Svelato a tutti ho le lor trame ree;
     Io rintracciarli e smascherar l’orrendo
     Proposto e romper le lor uova intendo.