Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/21

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Canto primo 21


Fuggì le mura cittadine; al mite
     Ozio dei campi, al dolce aer sereno,
     Alle vaghe dei boschi ombre romite
     140Cercò la pace od un refugio almeno:
     Così fugge a curar l’aspre ferite
     Uccel che sente il mortal piombo in seno,
     E poi che trova la balsamica erba,
     144Sana le piaghe, ma il terror ne serba.

Una cura incresciosa, uno sgomento
     Anche nei più tranquilli èremi ei porta;
     Né di ciel chiaro aspetto o volger lento
     148Di ruscelli o di selve ombra il conforta:
     Muto è dell’arte il sovrumano accento,
     Ogni sua cara illusione è morta;
     E al cielo, all’acque, ai boschi, all’arte ei chiede,
     152Piangendo invan, la giovanil sua fede.

Ode, e poi che da lui nulla più teme
     La turba vil, che all’altrui danno esulta,
     Commiserando e malignando insieme,
     156Con la crudele sua pietà l’insulta;
     Ode Tartufo, e consolato geme:
     O giustizia di Dio, non resti inulta;
     Chi volgea contro a te l’anima astuta
     160Miseramente ha la ragion perduta!