Ellero è l’altro, a cui diè Machiavello
L’indagin acre, ond’egli in dotte guise
Con severo, anatomico scalpello
L’idra borghese in ogni parte incise;
A lui tra’ primi l’Ideal novello
Dall’inaccesso vertice sorrise;
Ed ei del suo pensier su le inaccesse
Cime un altar con l’opre sue gli eresse.
Quel disdegnoso in su la tolda ritto,
Fosco il crin, fiso il guardo, ampia la fronte,
È il vate etneo, che come spada ha dritto
L’animo, ardente il cor, le rime pronte;
Sta l’Ideal nella sua mente fitto,
Qual vessillo di guerra in cima a un monte,
Odio e terror della congrega impura,
Che da lui dispregiata in lui congiura.
Una fanciulla nobile e gioconda,
Dai modi schietti e dall’ingenuo viso,
Su la spalla di lui posa la bionda
Testa e il rallegra d’un gentil sorriso;
Come tenue convolvulo circonda
Alber che più d’un ramo ebbe reciso,
Ella così pietosa a lui si stringe,
E dell’anima sua tutto il ricinge.