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Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/55

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Canto terzo 55


Giungono in questi detti ai monte in cima,
     Proprio di fronte alla dedalea mole,
     E il giovane di fuor l’ammira prima,
     Indi i recessi investigar ne vuole.
     A prima giunta ei tutta aurea la stima,
     Tanto essa splende e folgoreggia al sole,
     Ma poi s’accorge, quanto più si accosta,
     Che di strani elementi essa è composta.

Pur son così le parti sue fregiate,
     Che di pari bellezza e pregio uguale
     Non mai divina fantasia di vate
     Ne finse o ne descrisse arte immortale:
     Stupenda la diresti opra di fate,
     Ma l’età non consente un pensier tale;
     Ben si può dir, ch’ivi ogni pregio aduna
     L’arte, il poter, l’astuzia e la fortuna.

Due fughe immense di colonne e d’archi
     S’apron come ali a questo ed a quel lato,
     E d’effigie di papi e di monarchi
     Col brando in pugno è ciascun arco ornato;
     Quattro obelischi ornan la piazza, carchi
     D’armi e con sopra un cieco mostro alato;
     Due fontane nel mezzo un fiume strano
     Lanciano al ciel di caldo pianto umano.