Mostri dir li dovrei, ma dal lucente
Corazzone e dai baffi ispidi e neri
M’accorgo ben, ch’essi hanno fitto in mente
D’esser uomini affatto, anzi guerrieri:
Io, che non son maligno e impertinente,
Creder però li devo uomini veri,
Se non che al ceffo, a’ panni, agli atti goffi
Li posso gabellar per due gaglioffi.
Nati in libera terra, avidi a tale
Son d’oro e sì buzzurri e sì cialtroni,
Che la carnaccia loro andata a male
Dànno a peso di legna e di carboni;
Della freccia di Tell fanno un pugnale
A servigio dei papi e dei Borboni,
E pur che gonfia d’orzo abbian la pancia,
Gravemente agli schiaffi offron la guancia.
Alle stupide ghigne, al sozzo gergo
Dei due latranti cerberacci osceni
Volge la coppia disdegnosa il tergo,
E s’immerge in un ampio andirivieni.
Come che giri il sontuoso albergo,
D’ogni tesor diversamente pieni
Son gli anditi, le sale, i palchi, il suolo;
Sì che formano tutti un tesor solo.