Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/69

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Canto terzo 69


Non anco emerso era degli astri il coro,
     Quando intera la luna al ciel sorrise,
     Qual gigantesco medaglione d’oro
     Con due teste d’amanti al mezzo incise:
     Forse per veder meglio i baci loro
     L’astro di Giove accosto a lei si mise;
     Forse assorto in pensieri intimi e buoni
     Scorse allora quei baci il mio Zamboni.

Taceva Esperio; nel pensier profondo
     Gli turbinavan le vedute cose,
     Ma l’aspetto del ciel mite e giocondo
     Una calma soave in cor gli pose.
     Salia su pe’ silenzj ampj del mondo
     Come un fresco alitar d’erbe odorose,
     Ed in un latteo, vaporoso velo
     La luna confondea la terra e il cielo.

Come sei bella e maestosa e santa,
     Allor d’Esperio la compagna esclama,
     Tu cui madre infinita il saggio canta,
     Tu cui schiava e mortale il vulgo chiama!
     Chi pari a te, chi a te maggior si vanta?
     Chi l’esser tuo comprendere non brama?
     Qual cor sublime, qual’eccelsa mente
     La tua religione alta non sente?