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del conte monaldo leopardi 145


LXV.

Arresto del Marchese Melchiorri.

Attorno di me si erano adunati molti amici e nelle due cameruccie che avevo procurate stavamo ventidue. Mia moglie ed io in una, gli altri venti nell’altra, ammucchiati come potevano. Era fra questi il cavaliere Pietro Melchiorri mio cognato galantuomo, ed amico eccellente, il quale però con un tratto imprudente guastò tutta la nostra allegria, e immerse la brigata intiera in tristezza. Si dilettava di architettura civile e militare, e avendo veduto qualche stampa e disegno dell’assedio di Ancona mal fatti, si intestò di cavarne una pianta regolare per offerirla al Generale Froëilich. Cercai di dissuaderlo rappresentandogli non essere permesso il prendere disegni di una piazza o di un campo, e molto più in tempo di guerra ma non volle ascoltarmi, e andò ad una trincea quasi abbandonata per incominciarvi i suoi lavori. Fattasi notte e non vedendolo tornare entrammo in gran pena per lui, e finalmente dopo molte ricerche sentimmo che era stato arrestato, nè si sapeva in qual parte condotto. Cadeva l’acqua a torrenti, e non si potè cercarlo in quella notte. Alla punta del giorno mi trovai a Varano, piccolo luogo delle vicinanze nel quale stava il quartiere Generale, e pochi momenti appresso vi arrivò Melchiorri condotto da soldati austriaci. Alla porta del paese incontrò il Generale Skall, il quale sentite da quei soldati poche parole tedesche, disse a lui seccamente «fra due ore sarete impiccato». Procurai di consolarlo alla meglio, e quindi mi rivolsi al commissario Cavallar che risiedeva pure colà. Questo buon galantuomo prese tutto l’interesse