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del conte monaldo leopardi | 15 |
diarle, perchè al mondo chi non fatica non mangia, e molto meno si acquista verun genere di dottrina. Se dunque per imparare la nuova lingua, volere o non volere, bisognerà studiarla e passare a marcio dispetto per le strette grammaticali, siamo là dove ci tiene adesso la lingua latina, e il distruggere questa lingua che oggi è universale, che moltissimi sanno, che ha venticinque secoli di anzianità, che vanta tanti modelli di perfezione e nella quale sono scritti tanti milioni e milioni di libri, per correre dietro ad un’altra lingua universale che ancora non è inventata, che però nessuno conosce, e che non ha nè un modello nè un libro buono o cattivo, sarebbe un accesso maniaco come quello di chi avendo un palazzo vasto bello, ben fabricato e fornito di mobili e di ogni comodità, abbrugiasse tutto per fabricarne un altro simile senza avere una piccola pietra con cui cominciare il nuovo edifizio.
XIII.
Danni recati dall’abbandono del latino.
Hanno dunque meritato malissimo dalla religione dalla repubblica letteraria e da tutta la società coloro i quali cercarono di sbandeggiare l’uso e lo studio della lingua latina, e fra coloro bisogna purtroppo annoverare il nostro Cardinale Ercole Consalvi Ministro primo e onnipotente nello Stato del Papa per quanto durò il pontificato lunghissimo di Pio VII. Questo signore ebbe intenzioni buonissime e non gli mancarono talenti e lumi, ma preso dai settatori astutissimi della cabala rivoluzionaria operò comunemente a modo loro senza avvedersene e congiurò con essi involontariamente a danno di quell’ordine e di quelle istituzioni che aveva debito, ragione, e interesse di sostenere. Fu fra