Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/100

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condizione se non fosse accaduto (e ben ve n’era la probabilità di undici mila ad uno) che il nostro vascello si fosse sollevato dal luogo ore arrenò, e se non fosse stato trasportato sì vicino alla spiaggia, ch’io avessi avuto il tempo di procacciarmi da esso tutto quanto ne trassi; qual sarebbe stato il mio caso, se condannato a vivere in quella condizione che mi si offerse a prima giunta sopra la spiaggia, privo di tutte le cose necessarie alla vita o di quelle che son necessarie a provvedersi di queste. «Particolarmente, io diceva ad alta voce, benchè non parlassi con altri che con me medesimo, che cosa avrei io fatto senza un moschetto, senza munizioni, senza stromenti per imprendere qualche lavoro, senza vestiti, un letto, una tenda o qualche modo di ripararmi?» E tutte queste cose io aveva ora in discreta quantità, ed era su la buona via di provvedere a me stesso in modo da vivere, facendo senza del moschetto quando la mia munizione sarebbe finita; ora io aveva una sufficiente speranza di sussistere senza grandi bisogni fin ch’io vivea; perchè aveva fatto i miei computi fin dal principio sul modo di provvedere ai casi possibili dell’avvenire, non solo dopo che sarebbe finita la mia munizione, ma quand’anche sarebbero scemate le mie forze o la mia salute.

Confesso che non aveva pensato per nulla alla possibilità di veder distrutta in un soffio la mia munizione, intendo di vederla distrutta da un fulmine; da ciò nacquero i pensieri che mi soprappresero quando tuonò e lampeggiò, come poc’anzi osservai.

Ed ora accingendomi alla malinconica relazione di una scena di vita taciturna, di una tal vita che forse non se ne udì mai una simile dacchè il mondo è mondo, io la ripiglierò dal suo principio, continuandola nel suo ordine di tempo. Correa dunque il giorno 30 di settembre, quando, nel modo narrato dianzi, posi il piede la prima volta in questa orribile isola; quando il sole essendo per noi nel suo equinozio d’autunno sovrastava esattamente alla mia testa, perchè dalle osservazioni e dai computi che ho istituiti, mi risultò di essere nella latitudine di 9 gradi e 22 minuti al nord della linea.

Dopo essere rimasto quivi circa dieci o dodici giorni mi venne in mente che avrei perduto il computo del tempo per mancanza di libri, penne ed inchiostro, e che avrei persino dimenticati i giorni festivi confondendoli con quelli di lavoro. Perchè ciò non avvenisse, alzai uno stipite in forma di croce su la spiaggia ove presi terra la prima volta, e con un coltello scolpii sovr’esso in lettere maiuscole: Io