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Concepito appena un tale divisamento, i miei occhi si portarono sopra una piccola collina che dominava il mare da entrambi i lati, e da cui vedeva chiaramente le direzioni della marea, e quali mi sarebbero state favorevoli per tornare addietro. Scopersi allora che, come la corrente del riflusso usciva della punta meridionale dell’isola, così quella del flusso rientrava nella spiaggia dal lato settentrionale; donde argomentai che se mi fossi tenuto a tramontana nel mio ritorno, io poteva riuscire abbastanza nella mia impresa.

Incoraggiato da tale osservazione, risolsi di mettermi in mare nella seguente mattina col favore della prima marea; onde riposatomi la notte nella piroga, coperto da quella grande casacca, di cui ho già fatto parola altra volta, mi posi in via. Su le prime navigai alcun poco tenendomi affatto a tramontana, finchè vidi il vantaggio della corrente che, situata a levante, mi trasportava ad una grande distanza, benchè non con tanta violenza come avea fatto dianzi quella a mezzogiorno, che m’avea tolto ogni potere di governare la piroga. Avendo quindi potuto padroneggiare a dovere il mio remo, m’avviai a dirittura e di gran corsa verso il vascello naufragato, dove pervenni in meno di due ore.

Fu ben tristo lo spettacolo che si offerse alla mia vista. Il vascello che giudicai spagnuolo dal modo della sua costruzione, era serrato, inchiodato fra due scogli; tutta la poppa e l’anca di esso fatte in pezzi dalla furia delle ondate; e attesa la violenza onde il castello di prua avea battuto contra gli scogli, l’albero di maestra e quel di trinchetto erano troncati alla superficie stessa del vascello; il bompresso invece era rimaso intatto, e tali apparivano ancora lo sperone e la tolda. Quando gli fui bene da presso, mi comparve sovr’esso un cane che, al vedermi giungere si diede ad abbaiare e ad urlare; ma appena lo chiamai, saltò in acqua per venire sino a me. Lo raccolsi nella mia piroga quasi morto dalla fame e dalla sete. Datagli una delle mie pagnotte, se la divorò come un lupo affamato che fosse stato a stentare quindici giorni in mezzo alla neve. Allora diedi a quella povera bestia alcun poco d’acqua dolce che, se lo avessi lasciato bere a sua discrezione, lo avrebbe fatto crepare.

Dopo ciò andai a bordo, e la prima vista che mi si presentò fu quella di due uomini i quali, annegatisi nella cucina del castel di prua, si teneano strettamente abbracciati l’uno con l’altro. Congetturai, come veramente era assai probabile, che quando il legno urtò