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pieno di gratitudine al cielo. Chi avrebbe nel caso mio potuto starsi dal ringraziare colui che non solamente aveva provveduto con modi miracolosi al mio sostentamento in mezzo ad un deserto e nella più desolata delle umane condizioni, ma dal quale, dobbiamo convenirne, può unicamente scaturire ogni liberazione?

Dopo alcuni discorsi seguìti fra noi, mi disse d’avermi menato alcune cose per ristorarmi, quali potea somministrare il suo bastimento, e fin dove era sperabile che ne avesse risparmiate la depredazione dei malandrini statine per sì lungo tempo i padroni. Allora gridò forte a quelli dello scappavia, ordinando loro di portare il dono destinato al governatore: e da vero era così fatto, come se io non avessi dovuto salpare di lì in sua compagnia, ma piuttosto continuare a dimorarvi tuttavia. Consistea questo presente primieramente in una cassa di boccette d’acque cordiali, sei fiaschi della capacità di due boccali l’uno di vino di Malaga, due libbre di eccellente tabacco, dodici bei pezzi di manzo e sei di maiale salato, un sacco di legumi e un quintale circa di biscotto. Mi portò in oltre una cassa di zucchero, un’altra di fior di farina, un canestro pieno di limoni, due fiaschi d’agro di cedro e altre cose in buon dato. Ma ciò che mi riuscì mille volte più accetto, fu il dono di sei belle camice nuove, con altrettante bellissime cravatte, di due paia di guanti, d’un paio di scarpe, d’un cappello, di un paio di calze, oltre ad un suo abito compito ch’egli avea portato ben rare volte: in una parola mi vestì da capo a piedi. Non potea farmi più bel regalo, nè che mi capitasse più a proposito; pur volete ridere? Non ho mai provata in vita mia una sensazione così aspra, così incomoda, così disgustosa, come il mettermi indosso questi abbigliamenti dopo tant’anni trascorsi, che me ne faceano parere questa la prima volta.