Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/394

Da Wikisource.
342 robinson crusoe

sottoscritto dal mio socio e dai due fidecommissari. Queste gli erano state pagate in merci, vale a dire tabacco in rotoli, zucchero in casse, oltre ad una partita di rum, di melassa (residuo di zucchero raffinato) e simili produzioni della fabbrica dello zucchero. Da questo conto mi risultò, come le rendite si fossero aumentale notabilmente d’anno in anno, e che se in principio erano state tenui, ciò doveva attribuirsi alle prime spese piuttosto forti. Ciò non ostante il mio buon capitano confessò d’andarmi debitore di quattrocento settanta moidori d’oro oltre al valore di sessanta casse di zucchero, e di quindici doppi rotoli di tabacco, le quali mercanzie avea perdute insieme con la nave che le portava, per un naufragio cui quel poveretto soggiacque nel tornare a Lisbona undici anni dopo la mia partenza. Qui mi raccontò come si trovasse costretto a valersi del mio danaro, per riparare i sofferti danni e comperarsi una parte di proprietà in altro vascello mercantile.

— «Ciò non ostante, mio vecchio amico, egli proseguì, tanto che torni mio figlio, non vi lascerò mancare di ciò che possa occorrere ai vostri presenti bisogni. Appena ritornerà, sarete soddisfatto d’ogni vostro avere.» E ciò dicendo traeva a mano una vecchia borsa e mi offerse cento sessanta moidori d’oro, e presentatemi in oltre le carte che autenticavano i diritti di lui e di suo figlio, ciascuno su un quarto del vascello mercantile salpato per il Brasile, volea farmi la cessione di tutti questi diritti.

Mi commoveva troppo l’onesta d’un sì eccellente galantuomo, perchè fossi capace di comportar ciò. Sempre stavami in mente la gratitudine ch’io gli dovea per quanto aveva operato a mio pro; mi ricordava e il giorno in cui me vagante e derelitto sul mare raccolse nel suo vascello, e i tratti di generosità che mi usò da poi in ogni occasione, e sopratutto la sua fedele nè mai smentita amicizia; onde rattenendomi a fatica dal piangere, gli chiesi se le sue condizioni presenti gli permettevano di spropriarsi di tale somma.

— «Non vi dirò, egli mi rispose, che il farne senza non possa mettermi in qualche strettezza, ma è danaro vostro, e voi ora ne abbisognate anche più di me.»

Quante cose dicea quel buon uomo spiravano tanta rettitudine, tanta cordialità, che sempre più mi rendevano difficile il non versar lagrime. In somma accettai cento dei moidori offertimi, e fattomi dare calamaio e penna, gliene feci la ricevuta. Nel restituirgli il