Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/687

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come si volesse prenderci su a modo d’altrettanti scorridori; poi chiesi loro se erano pronti a difendere noi e sè stessi. Tutti furono ad una nel rispondere col migliore animo del mondo che volevano vivere e morire con noi. Interrogai in appresso il capitano su la miglior maniera di condursi nel venire a battaglia con queste scialuppe, chè già era risoluto di difendermi ad ultimo sangue. Mi consigliò per prima cosa tenerle lontane da noi finchè si fosse potuto con buone fiancate di mitraglia, salutarle incessantemente coi nostri moschetti se si accostavano al segno di bordeggiare il bastimento, e ridotti anche al caso di non poterlo allontanare di più, trincerarci al di là delle nostre paratie; perchè probabilmente chi ne inseguiva non avea portati entro le scialuppe gli stromenti adatti ad atterrar le trincee.

Intanto fu ordinate al cannoniere di allestire due pezzi di cannone da trasportare secondo il caso qua e là nell’esterno delle trincee stesse per la difesa de’ ponti, caricandoli di palle da moschetto, di mitraglia e di quanti frantumi di ferro gli capitassero alla mano. Così ben apparecchiati a riceverli, prendevamo sempre più il largo con un vento abbastanza propizio, ma vedevamo ad un tempo in distanza le scialuppe, che erano ampie assai, correre su la nostra dirittura a tutta forza di vele.

Due di quelle barche (co’ nostri cannocchiali le avevamo ravvisate per inglesi), preso il vento su l’altre tanto che una distanza di due leghe le separava da esse, venivano di gran corsa verso di noi con tutta la buona volontà, a quanto parea, di assalirci. Sparammo un cannone carico di sola polvere per intimare loro il fermarsi, e facemmo sventolare ad un tempo la bandiera parlamentaria; ma quelle non si prendendo nessun fastidio di ciò, proseguivano il loro cammino dello stesso tenore; onde, quando ci furono a tiro, ritirammo la bandiera bianca, sostituendole la rossa, poi le salutammo con una fiancata di mitraglia. Ciò non ostante ci vennero sì da presso, che potevamo far udir loro le nostre parole col mezzo di una tromba marina, cui ricorremmo di fatto per avvertirli che, se non tornavano addietro, ci avrebbero avuto poco gusto.

Era tutt’uno. Ci si accostarono sempre di più, mettendo ogni loro studio per arrivarci sotto poppa e tentar l’arrembaggio su l’anca. Veduto allora come la durassero nella risoluzione di farci male, fidati sempre nella forza delle scialuppe che le seguivano, feci