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II.

Il galletto della Lena.


E prima di tutto, due parole sulla famiglia dei contadini presso la quale io nacqui, fui allevato e trascorsi i giorni più lieti della mia giovinezza.

Essa componevasi di quattro persone solamente: la massaia, il suo marito, la Mariuccia e il signor Giampaolo, fratello del marito, e per conseguenza zio della padroncina. Di esso ho già fatto cenno qui innanzi. Parlerò dunque degli altri tre.

La massaia, ossia la Tonia, come tutti la chiamavano, era una donnona su’ quaranti’anni, grassoccia, ben portante e tutta pace. Nessuno si ricordava d’averla mai vista montare in furia; anzi, una volta che un gatto forestiero (in casa, grazie a Dio, di quegli animalacci non se ne vedevano) le rubò un bel pezzo di carne dalla pentola, invece di rincorrerlo o di sfogarsi a mandargli delle imprecazioni, si strinse nelle spalle dicendo:

— Povera bestia, chi sa che fame gli avrà avuto!

— E finì lì.

Anche Geppino, il suo marito, era una buona pasta d’uomo; ma lui, una faccenda simile non l’avrebbe presa in santa pace; chè, se si deve dir la verità, buono era, ma stizzoso la su’ parte.

La Marietta poi, oh che cara fanciullina!

Ohi la voleva vedere, era sempre accanto alla mamma ad aiutarla nelle faccende di casa; in certe ore andava a scuola, e quando tornava, o si baloc-