Pagina:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu/87

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Delle loro piume le donne di que’ paesi si fanno vari ornamenti, come vezzi, braccialetti e orecchini; alcuni popoli, convertiti alla nostra religione, le adoprano per far delle graziose figurine d’angioli o di santi. C’è poi chi se ne serve per far de’ quadretti, i quali riescono pieni di freschezza e di splendore.

Queste leggiadre creaturine, però, non si possono tenere a lungo rinchiuse; non già perchè non siano amorose e buone, ma perchè la loro natura delicata e insieme vivace, non può adattarsi alla cerchia ristretta d’una gabbia. Muoiono per lo più dopo qualche mese, malgrado le cure che loro si possono usare.

― E tu pure morirai, povero, innocente animaletto, ― disse con tuono pieno di compassione Alberto, volgendosi al piccolo prigioniero che lo guardava con i suoi occhini neri, grossi come margherite.

― Vi ho annoiato, bambini miei? ― domandò la signora Clotilde.

― Eccóme! ― rispose scherzosamente Guido e per dargliene una prova evidente, la prego di parlarci subito di un altro uccellino.

― Benissimo; parleremo ora di quel signorino o signorina che sta in questo momento beccando il pinolo che gli ha buttato Alberto. È una cincia. Guardatela bene; che aria di sfacciatella! È tutta fuoco. È lei che fa la guerra alla civetta, la quale, del resto, è la sua più mortale nemica. Di giorno fa di tutto per trovare il suo nascondiglio, e quando l’ha trovato!... Disgraziata civetta! Non vorrei esser ne’ suoi panni! La notte poi, quando la povera bestia ci rattrista col suo monotono fischio, la cincia che cosa ti fa? Raduna una specie d’esercito, composto tutto