Pagina:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu/248

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244 nota

versamente1, e pel quale la ripartizione della materia storica costituiva qualcosa di essenzialmente diverso dall’esposizione, la questione assurgeva a importanza capitale: a narrare gli pareva di non poter nemmeno cominciare, se non avesse preliminarmente classificati i fatti in periodi principali, secondari e via dicendo; ossia se non avesse innanzi, perfetto anche nei minimi particolari, uno schema cronologico, razionalmente e quindi astrattamente fissato, che poi conveniva sviluppare e colorire. Accadeva, naturalmente, quel che doveva accadere; cioè che il Balbo, dopo essersi procurata un’altra serie di tormenti e di ambasce, durante la quale prospetti cronologici susseguivano a prospetti cronologici, ciascuno dei quali annullava il precedente e ciascuno dei quali lo contentava meno del precedente, finiva, sgomentato e sbigottito, per deporre ancora una volta la penna e credere che la storia d’Italia non fosse impresa da lui.

Ma vi ritornava poi, con la tenace costanza, con la quale le mille volte si ritorna a una donna amata, cui le mille volte si sia giurato un eterno addio. E, accontentatosi d’un titolo e d’uno schema purchessia, cominciava finalmente a scrivere. Uno, due, tre capitoli erano rapidamente svolti: poi a poco a poco la materia, di cui si credeva cosí sicuro padrone, cominciava a sgretolarglisi nelle mani; i periodi gli riuscivano sempre meno euritmici e in pari tempo piú faticosi e difficili; l’esposizione generale perdeva di mano in mano vita e calore, diventando languida, scucita, frammentaria. Purtroppo nemmeno quella volta la via era trovata, e bisognava ricominciar daccapo a torturarsi coi titoli, i prospetti, gli schemi e via discorrendo.

  1. A dir vero, in un primo momento, il B. aveva dato ai «periodi storici» assai minore importanza che non dette poi, ed egli stesso aveva notato che gli storici greci e latini non s’erano mai preoccupati di razionali ripartizioni cronologiche, contenti di quelle che veniva a offrire, quasi di per se stessa, l’esposizione storica (cfr. Scritti stor. min., p. 257). Ma poi egli cangiò opinione. Il frutto dei suoi nuovi studi circa si fatta materia fu da lui esposto in una memoria presentata nel 1841 alla R. Accademia di Torino, nelle cui Memorie (serie ii, tomo iii) fu pubblicata col titolo Sulla divisione e suddivisione della storia d’Italia, cenni del conte C. B. (inserita poi negli Scritti stor. min.). — Ivi, separata del tutto la storia antica dalla moderna (separazione, che piú tardi, nel Sommario, abbandonava), il B. divide la seconda in quattro periodi: 1. (suddiviso in due) Dei barbari, 476-774; — 2. (suddiviso in 2) Del regno d’Italia (774-1073); — 3. (suddiviso in 4) Dei comuni, 1073-1494; — 4. (suddiviso in 3) Della preponderanza straniera, 1494-1814. — Che è la divisione, la quale, giá adottata presso a poco nei Pensieri sulla storia d’Italia, il B. tenne poi presente nel Sommario. Cfr. Ricotti, pp. 171-2.