furono poi gli emuli
di essa, e diedero il nome a tutti gli avversari di essa. — L’Italia
intanto, mentre tutto ciò si travagliava in Germania, rimaneva, non
tranquilla, ma abbandonata a sé, a’ propri destini; e vi si avanzava
in Roma, in Toscana, in Milano, che furono i tre fomiti delle
crescenti libertá italiane; il primo delle ecclestiastiche, il secondo
delle feudali, il terzo delle cittadine. Morto Vittore II nel 1057, fu
eletto, e prese nome di Stefano IX, quel fratello che dicemmo di
Goffredo di Lorena, il marito di Matilde, restituito allor duca di
Toscana; e fu un altro buono di que’ papi tedeschi, e piú potente che
gli altri. Perciocché questi duchi toscani erano sempre venuti
crescendo in tutto il presente secolo, e di parecchi di essi si
narrano pompe, sfarzi, ricchezze meravigliose, e che parrebbero
incredibili in quell’etá; se non fosse che, signori supremi essi di
Pisa, ma mezzo libera questa, e operosa oltre ogni altra cittá
contemporanea in traffichi e navigazioni, fu naturale che se ne
accrescessero in qualunque modo le ricchezze di que’ Bonifazi antenati
di Beatrice e Matilde. E dicesi anzi che Stefano IX disegnasse far il
fratello re d’Italia indipendente, e giá ne trattasse a
Costantinopoli; ma morí pur troppo, egli il papa, l’anno appresso
1058. — Succedette Nicolò II, italiano, vescovo di Firenze, eletto
dunque, come pare, per la medesima grande influenza toscana. Ed egli
pure avanzò l’opera della riforma dei simoniaci e dei concubinari, e
quella insieme delle libertá ecclesiastiche. Egli fu che in concilio
diede a’ paroci, o «preti cardinali», della cittá di Roma la elezione
de’ papi, i quali cosí non rimasero piú se non da acclamarsi o
confermarsi dal rimanente clero o popolo romano e poi dagli
imperatori. E trattando e guerreggiando intorno a Roma ed in Puglia,
accrebbe la Sede; e die’ la mano in Lombardia a’ vescovi di Vercelli,
di Piacenza ed altri zelanti o riformatori, ed ai popoli sollevatisi
via via per la riforma, contro ai vescovi di Milano, di Pavia, d’Asti
ed altri che vi resistevano, od erano di fatto o nell’opinione
simoniaci. Tanto cresceva e poteva giá quest’opinione popolare, la
quale se non si trova cosí chiaramente espressa nella storia de’
secoli oscuri come degli splendidi, in quelli pure si manifesta