paci dentro e fuori Italia, in tutta la cristianitá, per riunirla ad una nuova crociata. Anche lasciando la santitá e l’utilitá politica di quell’imprese a cui dopo Gregorio X niuno attese piú per due secoli, restano belli e superiori alla sua etá gli sforzi per cui egli fece richiamar i ghibellini nelle cittá guelfe di Toscana, e conchiuder paci tra re Carlo e Genova, tra Venezia e Bologna. Carlo all’incontro faceva ricacciare i ghibellini ripatriati. Come Gregorio primo e il secondo e il settimo, cosí il decimo segna un’epoca, un cambiamento nella politica dei papi. Fu primo de’ guelfi moderati. Ancora Gregorio riconobbe l’imperator greco, e riuní (per poco pur troppo) quella chiesa alla latina; e re Carlo trattò all’incontro, s’apparentò con Baldovino l’imperator latino cacciato. Finalmente attese Gregorio X a far cessare l’interregno nell’imperio occidentale, vanamente disputato da parecchi anni tra due competitori lontani ed impotenti, Alfonso re di Castiglia e Riccardo di Cornovaglia, principe d’Inghilterra. Scartati quelli, fu ora eletto in Germania a re de’ romani (cosí incominciavasi a chiamar il re di colá, investito oramai, per prescrizione, del diritto d’esser incoronato imperatore) Rodolfo d’Absburga, lo stipite della prima casa imperiale d’Austria. Ma quest’ultima non fu certamente buona opera politica per l’Italia, a cui aveva giovato giá l’interregno, a cui avrebbe anche piú, se si fosse lasciato cader in disuso il funesto nome, le funeste pretensioni: ondeché ciò che dicemmo de’ comuni e di lor leghe, è a dir ora di questo e de’ seguenti od anzi forse di tutti i papi; che essi non seppero innalzarsi mai a desiderare od imaginare né l’indipendenza compiuta d’Italia, né, finché durarono gl’imperadori romani, una cristianitá senza tal capo ed ornamento. Del resto, Rodolfo fu forse il migliore che s’avesse mai. Principe non solamente prode e gran guerriero, ma (lo dico con intimo convincimento) previdentissimo politico, attese tutta sua vita a fondare, ad estendere la potenza di sua casa in Germania; e la fondò ed estese molto bene in que’ paesi d’Austria e Boemia, su quel Danubio, dove fu, è, e sará sempre il nerbo, la veritá di lor potenza; trascurò l’Italia dov’era lo splendore, ma dov’era e sará sempre la fallacia di essa. Non vi scese mai,