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dei comuni 271

Avea governato per mezzo di sua parte giá democratica, poi meno aristocratica, poi aristocratica sola; né aveva usurpati, o nemmen ritenuti carichi; anzi li avea dati e mantenuti a Neri Capponi, a Luca Pitti, a tutti i grandi minori di lui; avea portato il segno della vera e rara grandezza, non aveva avute invidie. Non vi fu sangue al tempo suo; pochi di quegli stessi esigli, i quali son forse inevitabili nelle repubbliche, dove qualunque cittadino presente può forse esser potente; mentre ne’ principati puri è facilissimo annientar un suddito, presente come assente. Ed a malgrado di tutto ciò, Cosimo è da alcuni vituperato quasi tiranno, perché, volente o non volente (chi può saper le intenzioni?), egli apparecchiò le vie a’ discendenti che tiranneggiarono cinquanta o sessant’anni dopo lui. Ma il fatto sta, che ei governò la repubblica, primo sí, ma non principe, ed anche meno tiranno; ch’egli ottenne da’ contemporanei il nome di «padre della patria»; ch’ei somigliò a quanti grandi cittadini furono nelle piú splendide repubbliche antiche, e superò forse quanti furono nelle italiane. Quando saprá l’Italia far giustizia tra i veri e i falsi grandi suoi? Forse non prima che ella sia compiutamente libera. Intanto par che corra quasi un impegno di abbassare i veri grandi e d’innalzare i piccoli di nostra storia. Sarebb’egli per ridurli tutti insieme alla misura di nostra mediocritá? Vi badino coloro che han credito sull’opinione patria. Forse per gran tempo ancora non si potrá in tutta Italia dare a coloro che la servono, ciò che ogni generoso fra essi desidera naturalmente piú, i mezzi di piú e piú servirla, la potenza; per gran tempo ella non avrá altro premio a dar che le lodi; sappiamo almeno non negarle né avvilirle. — L’ultimo a morire di questa gran generazione del mezzo del secolo decimoquinto fu Francesco Sforza [1466]. Due anni innanzi, Genova, che dal 1458 aveva ridonata la signoria a Francia, abbandonata da questa, l’aveva donata a lui. Cosí morí Francesco nel colmo di sua fortuna; uomo meno incolpevole certamente, ma non minor principe egli, che Cosimo gran cittadino; la loro amicizia serbò allora la pace d’Italia, e li onora presso ai posteri amendue.