Avea
governato per mezzo di sua parte giá democratica, poi meno aristocratica,
poi aristocratica sola; né aveva usurpati, o nemmen ritenuti carichi; anzi
li avea dati e mantenuti a Neri Capponi, a Luca Pitti, a tutti i grandi
minori di lui; avea portato il segno della vera e rara grandezza, non aveva
avute invidie. Non vi fu sangue al tempo suo; pochi di quegli stessi
esigli, i quali son forse inevitabili nelle repubbliche, dove qualunque
cittadino presente può forse esser potente; mentre ne’ principati puri è
facilissimo annientar un suddito, presente come assente. Ed a malgrado di
tutto ciò, Cosimo è da alcuni vituperato quasi tiranno, perché, volente o
non volente (chi può saper le intenzioni?), egli apparecchiò le vie a’
discendenti che tiranneggiarono cinquanta o sessant’anni dopo lui. Ma il
fatto sta, che ei governò la repubblica, primo sí, ma non principe, ed
anche meno tiranno; ch’egli ottenne da’ contemporanei il nome di «padre
della patria»; ch’ei somigliò a quanti grandi cittadini furono nelle piú
splendide repubbliche antiche, e superò forse quanti furono nelle italiane.
Quando saprá l’Italia far giustizia tra i veri e i falsi grandi suoi? Forse
non prima che ella sia compiutamente libera. Intanto par che corra quasi un
impegno di abbassare i veri grandi e d’innalzare i piccoli di nostra
storia. Sarebb’egli per ridurli tutti insieme alla misura di nostra
mediocritá? Vi badino coloro che han credito sull’opinione patria. Forse
per gran tempo ancora non si potrá in tutta Italia dare a coloro che la
servono, ciò che ogni generoso fra essi desidera naturalmente piú, i mezzi
di piú e piú servirla, la potenza; per gran tempo ella non avrá altro
premio a dar che le lodi; sappiamo almeno non negarle né
avvilirle. — L’ultimo a morire di questa gran generazione del mezzo del
secolo decimoquinto fu Francesco Sforza [1466]. Due anni innanzi, Genova,
che dal 1458 aveva ridonata la signoria a Francia, abbandonata da questa,
l’aveva donata a lui. Cosí morí Francesco nel colmo di sua fortuna; uomo
meno incolpevole certamente, ma non minor principe egli, che Cosimo gran
cittadino; la loro amicizia serbò allora la pace d’Italia, e li onora
presso ai posteri amendue.