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delle preponderanze straniere |
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Cessaron le
guerre interne; il medesimo straniero ne toglieva le cause, frenava le
ambizioni nazionali. Cessaron le rivoluzioni popolari; lo straniero
frenava i popoli. Le armi, le sollevazioni che sorsero qua e lá, furono
rare eccezioni, non durarono, non disturbarono se non pochi. Bravi,
assassini di strada, vendette volgari, ed anche tragedie signorili
o principesche, furono frequenti, per vero dire, ma tutto ciò non
toccava ai piú; e poi eran cose del tempo, i nostri avi vi nasceano
in mezzo, v’erano avvezzi. I piú degli italiani fruivan la vita, i
dolci ozi, i dolci vizi, il dolcissimo amoreggiare o donneggiare. Noi
vedemmo giá un’etá di grandi errori aristocratici, un’altra di grandi
errori democratici: questa è degli errori aristocratici piccoli. Ma
l’aristocrazia s’acquista e si mantiene coll’opere; non si corrompe
solamente, si snatura coll’ozio; perdendo la potenza, la partecipazione
allo Stato, non è piú aristocrazia, diventa semplice nobiltà. Dai
campi e dai consigli dove s’era innalzata, la nobiltà italiana era
passata alle corti. Così, per vero dire, pur fecero quelle di Francia
e Spagna a que’ tempi; ma dalle corti elle facevano tuttavia frequenti
ritorni ai campi di guerra ed ai governi, o almeno ai castelli aviti;
mentre i nobili italiani non ebber guari di que’ campi o governi, e
dimorando piú alle corti e nelle moltiplici capitali, vi poltrirono.
Il peggio fu che non vi sentivano lor depressione, piegavansi,
atterravansi beati. Spogli di potenza propria, consolavansi co’
privilegi, col credito all’insù, colle prepotenze e le impertinenze
all’ingiù; spogli d’operosità, consolavansi con le ricchezze e gli
sfarzi; degeneri, colle memorie avite. Non facean corpo nello Stato,
ma tra sé; chiudevano quanto potevano i libri d’oro, quegli aditi
alla nobiltà, che restano sempre spalancati quando la nobiltà non è
un titolo illusorio, quando è aristocrazia. I principi, all’incontro,
si facean un giuoco di avvilirla col moltiplicarla, di aggiungere
titolati a titolati, privilegiati a privilegiati, oziosi ad oziosi.
Insomma, fu un paradiso ai mediocri, che son sempre molti, e quando
il vento ne soffia, son quasi tutti; de’ pochi ribelli al tempo,
pochissimi penando s’innalzarono, or bene or male; i piú, penando
vissero e morirono ignorati. — La storia poi si