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delle preponderanze straniere |
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le compose. — Trovata la
bussola da due secoli, la polvere da guerra da uno e mezzo, la stampa
da un mezzo, le lettere antiche lungo tutto quel tempo, l’astrolabio
da alcuni anni, l’America nell’anno stesso onde incominciamo, la
via dell’Indie per il capo di Buona Speranza due anni dopo [1494];
s’accumularono, si combinarono gli effetti di tutte queste nuove cause;
ne uscí un mondo rinnovato tutto; si rinnovarono, si mescolarono tutte
le nazioni; e n’uscí la cristianitá pur troppo non piú unita in una
fede e una Chiesa intorno a una sedia centrale, ma una cristianitá
felicemente unita, non piú intorno alla barbara monarchia universale
di Carlomagno e de’ pseudo-imperatori romani, bensí in una civiltá e
una coltura universali. E il mezzo adoperato a ciò dalla Provvidenza
qual fu egli? Evidentemente quel ritrovo che ella diede a tutte quelle
nazioni semibarbare nella nostra Italia, posseditrice da quattro
secoli non solamente del primato, ma della privativa della libertá
e della coltura. Le nazioni non presero, per vero dire, la libertá
italiana, che non era bella, non buona, non civile, non allettante, e
del resto giá semispenta; ma presero quella coltura, di che abusaron
prima religiosamente, di che usaron poi politicamente a riacquistare
la libertá. — E l’Italia intanto? L’Italia che aveva tutti i vantaggi
della libertá, della coltura, dei commerci e delle ricchezze, ma che
aveva i tre grandi svantaggi della libertá mal ordinata, del disuso
nella milizia, e di una indipendenza mal compiuta; l’Italia perdette
tutti que’ vantaggi suoi, tutte quelle sue operositá, e quel poco
d’indipendenza; visse od anzi sopravvisse alcun tempo splendidamente
in quegli uomini sorti al tempo migliore, per cader poi, quanto a
politica, a un tratto; quanto al resto, a poco a poco, in un’abbiezione
che, questa sí, fu anormale, forse unica nella serie de’ secoli civili
cristiani. — Furono dunque questi sessantasette anni uno splendidissimo,
spensieratissimo precipitare e non piú. E quindi peggio che mai resta
tormentato qui lo scrittore di non aver luogo a spiegarli, a lasciarne
una chiara ed adeguata impressione. Ma suppliranno i leggitori, con
quel che sa ognuno di questo nostro tempo di splendore. E suppliran
pure a quelle applicazioni a’ propri tempi,