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notizie di cimabue 25


profilo, con occhi graudi e spaventosi, piedi ritti in punta, e mani aguzze, con una durezza più che di sasso; la quale infelicità tanto maggiore era nella Scultura e nell’Architettura, quanto che per cagione della durevol materia, ne restano oggi più testimonianze, che della Pittura, nell’infinite statue1, e fabbriche di que’ tempi, fatte senz’ordine, proporzione, o misura, e atte più tosto a ingenerar compassione, che maraviglia. In tale stato erano allora quest’arti state un tempo sì chiare, e di sì nobil grido: ma perchè in questo gran flusso e riflusso dell’essere2, stanno tutte le cose in perpetuo movimento, senza mai trovar posa o fermezza, volle Iddio, che la Pittura, e la Scultura, e con quelle l’Architettura, dopo il loro quasi totale abbassamento e ruina, a nuova vita risorgessero, la qual gloria fu per ispecial privilegio alla nostra Toscana conceduta, come a colei che al parer d’autori gravissimi, queste due vergini ancor bambine, e fin dall’Egitto a lei rifuggenti, pietosamente accolse e nudrì, e per lunghissimo spazio di tempo in grande e felice stato mantenne.

Erano dunque gli anni di nostra salute al numero pervenuti di mille dugento quaranta, quando nella città di Firenze, madre e nudrice di tutte l’arti, e scienze più riguardevoli, nacque d’assai nobile stirpe, il famoso Giovanni de’Cimabuoi, detto poi comunemente Gimabue3: questi in età cresciuto fu dal padre applicato agli studi di grammatica sotto la disciplina di ben esperto maestro (qualunque o religioso o secolare egli si fosse) che nel con-

  1. Nota il Marmi, che alcune di queste statue si possono -vedere nel chiostro di S. Michele agli Antinori, che oggi è la chiesa di S. Gaetano, ed altre dietro una cappelletta al principio dello stradone della Pace, fuor della porta a S. Pier Gattolini.
  2. Metafora che pute del secento.
  3. In fin della vita l’autore dà l’albero della famiglia Cimabue. Il Manni per altro nota, che non ha mai potuto riscontrare in scritture antiche la nobiltà di delta famiglia: e teme che non possa essere una fantasìa del Baldinucci.

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Baldinucci, Vol. I. 4