Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, I.djvu/29

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26 parte prima

per vivere e morir nel mio al giudicio mio onorato e lodevol proposito; ma che togliendomi un mio signor il mio, il cui debito è di darmi de le cose sue, io dica ch’egli sia liberale e cortese, e che questo stia bene, io non dirò giá mai. — Il re, udite queste ultime parole, si levò e disse: — Ariabarzane, non è ora tempo di disputar teco, perciò che la discussione e giudicio di ciò che detto di me e fatto hai, rimetto io al grave consiglio dei miei consiglieri, i quali, quando il tempo sará oportuno, il tutto maturamente giudicheranno secondo le leggi e costumi di Persia. Bastimi per ora questo, che io sono disposto di mostrarti per effetto che ciò che ora negato hai sará vero, e tu stesso di bocca tua il confesserai. Fra questo mezzo tu n’andarai fuori a le tue castella, né piú a la corte verrai se da me non sarai richiesto. — Avuta Ariabarzane questa ultima voluntá del suo signore, se ne tornò a casa, e vie piú che volentieri se ne andò in contado a le sue castella, lieto di non vedersi tutto il dí innanzi agli occhi de’ suoi nemici, ma pieno di mala contentezza per la remissione che il re diceva di far al suo conseglio de le cose da lui dette. Nondimeno, disposto di sofferir ogni fortuna, s’andava diportando con il piacer e trastullo de la caccia. Aveva egli due figliuole senza piú, che di sua moglie, che morta era, gli erano rimaste, le quali erano stimate bellissime tutte due, ma la prima era senza parangone piú bella de l’altra, ed era di lei d’un anno maggior di età. Volava la fama de la lor beltá per tutta Persia, e non era in quella cosí gran barone che molto volentieri non si fosse con Ariabarzane imparentato. Era egli giá stato circa quattro mesi a un suo castello che piú degli altri gli piaceva per l'aria che v’era perfetta, e altresí perché v’erano bellissime caccie cosí da cani come da augelli, quando quivi comparse un araldo del re, che gli disse: — Ariabarzane, il re mio signor ti comanda che tu mandi meco a corte quella de le tue figliuole che è piú bella de l’altra. — A questo comandamento Ariabarzane, che non poteva indovinar il voler del re, varie cose per l’animo rivolgeva per questa dimanda, e fermatosi in un pensiero che nel capo gli era caduto, deliberò di mandar la minore, la quale, come giá s’è detto, non era di bellezza a la