Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, I.djvu/317

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314 parte prima

che io poteva ed imitare le grui e le cicogne, soleva, come piú in destro mi veniva, nel tempo de la state andare o in Valtellina a goder quei freschi di Caspano e dei Bagni del Masino, o vero mi riduceva a Castelnuovo ne le case di mio padre, ove di luglio le notti si fresche erano che io, che altrove a quei tempi non poteva lenzuolo sopra di me sofferire, quivi tutta la notte dormiva con una buona coperta a dosso, ed il giorno in una saletta terrena senza sentir caldo quel noioso tempo trapassava, avendo sempre compagnia d’amici nostri e di parenti. Avvenne che messer Gian Guglielmo Grasso, uomo costumatissimo e molto letterato e che de la lingua volgare si diletta, mi diede un giorno desinare in casa sua, presso la chiesa dei Servi, ove si trovarono altri di compagnia. Passato il desinare, s’entrò a dire de la guerra civile che ai tempi degli avoli nostri fu tra i dertonesi e loro per cagione de l’acque del ruscello che fa il molino di Gualdonasce, e da questo ragionamento si travarcò a ragionar de la fondazione de la patria nostra, essendoci chi voleva che l’origine sua da’ goti venisse, ed altri affermano che da’ longobardi fosse stata fondata. Io alora dissi quanto me n’occorreva. Onde si conchiuse che gli ostrogoti insieme con una banda di soldati romani che nel principio del regno di Teodorico sotto di lui militarono prima che egli a Roma levasse l’armi, furono quelli che Castelnuovo fondarono. Dopo questo, cominciandosi ad investigare quali fossero le famiglie discese dai romani e quali quelle che vennero dagli ostrogoti, e dicendone chi una e chi un’altra, messer Bonifazio Grasso, fratello di messer Gian Guglielmo, interrompendo il parlare, narrò una novella accaduta nel principio de la edificazione de la detta nostra patria, la quale fu generalmente da tutti commendata per l’astuzia che usò una fanciulla in uccellar la sua nutrice a ciò che non si scoprisse il suo amore. Io, ritornato a casa, essa novella scrissi e posi appresso l’altre giá da me scritte. E a questi di, rivolgendo le reliquie dei miei libri e scritti che da la preda che fecero i soldati spagnuoli ne la mia libraria mi sono rimasi, mi venne tra l’altre cose a le mani questa novella, la quale, volendo io secondo che le truovo