viso turbato e minacciandolo, cosí il suocero suo gli disse: — Tu ci dicesti questa notte quando a casa mia in tanta fretta venisti, che tu avevi veduto entrar in questa camera Niceno, e che per certo egli con Bindoccia si giaceva, e che se io con i miei figliuoli qui veniva, che in letto con essa il trovarei. Noi siamo qui; ov’è Niceno? ov’è uomo alcuno che con mia figliuola si giaccia? Tu non sai già mostrarci persona. Ed in vero dentro il letto non ci è vestigio alcuno che alcuno posto vi si sia, se non in questo canto, ov’ella di modo si è corcata che mostra che mai non si sia dimenata, né raggirata intorno, e a pena che si sia mossa appare. Ché se nessuno seco, come tu dicevi, giacciuto si fosse, non starebbe il letto in questa maniera, ma il tutto sarebbe sossopra rivolto. Ben si sa, quando l’amante con l’innamorata in letto si trova, ciò che fanno, e che non dormeno, ma menano le mani e i piedi. Vedi anco questa carriola, e mira se nessuno v’è giacciuto se non quella tua mutola. Ora che dici tu? — Stavasi il misero e scornato Angravalle tutto fuor di sé, e non sapeva se desto era o se si sognava, e di modo gli era morta la parola in bocca, che non poteva a modo veruno ragionare. La donna alora al padre e ai fratelli rivolta, piangendo in cotal forma parlò loro: — Signori miei, voi, la mia sventura, a costui mi maritaste, e assai meglio per me sarebbe stato che io un vil mercadante o qualche artefice avessi preso, perciò che ogn’altro che Angravalle a la mia onesta
vita, a la nobiltà, ai modi miei e a voi altri averebbe avuto
riguardo, e m’averia trattata come le mogli da bene trattar si
deveno, facendomi buona compagnia, e non tenendomi per fantesca o schiava. Ma questo sozzo cane, che contra ogni devere cerca di tormi la vita con sí vituperosa infamia di voi e di me e di tutta la casa nostra, da un tempo in qua è entrato di me in sospetto, non che io gliene abbia mai data una minima ombra, ma, per mio giudicio, perciò che egli non fa meco quegli uffici che ragionevolmente deveria fare, e come fanno tutti i mariti da bene, e che la ragione vuol che si facciano. Ché non si maritano le donne agli uomini per esser tenute in piú servitú che le serve e schiave, ma per esser compagne e